tratto da “La Sostenibile Pesantezza dell’Avere” (2014) – Dieci
Alford non riusciva a dormire.
Forse erano le lasagne al forno che stava ancora finendo di masticare.
Forse era il suo non essere abituato ad andare a dormire alle sette di sera, tra il primo e il
secondo, quindi in bilico sul gradino del podio.
Provò a contare le pecore.
Zero.
Niente.

Era ancora sveglio.
Quella tecnica funziona decisamente meglio quando ci sono effettivamente pecore nei
dintorni.
Provo a contare le mattonelle sul soffitto.
Zero.
Si promise di installare qualche piastrella sul soffitto per le sere di insonnia.
Si alzò dal letto senza esservici mai messo.
Provò a fare due passi per la stanza ma andò poco lontano.
Provò a fare trentasei passi.
Già meglio.
Forse se riusciva a stancarsi sarebbe stato più facile dormire.
Mentre camminava provava a stancarsi pensando intensamente ad una palestra.
Se solo avesse avuto un peso sulla coscienza.
O sullo stomaco.
Ma non era riuscito ad arrivare alla peperonata che c’era di secondo.
Andò in cucina per versarsi un bicchiere di acqua dal rubinetto.
Lo bevve.
Si accorse però che il rubinetto non si chiudeva più.
Provò con una forte pressione sulla manichetta.
Ma non cambiò niente.
La cosa strana era che anche il tubo sotto il lavandino pareva intasato.
L’acqua stava riempiendo il marmo bianco del lavandino della cucina.
Pensò a che parolaccia usare per descrivere la situazione.
Poi prese il telefono, fece un numero e se lo portò all’orecchio.
La tv si accese.
Era il telecomando.
Decise allora di accendere la luce.
Prese il telefono e fece il numero di un suo amico idraulico.
Dopo essersi scusato di aver chiamato a quell’ora della notte e dopo che il suo amico gli
ricordò che erano le 7 e mezza di sera, si misero d’accordo per la riparazione.
José, il suo amico idraulico arrivò dopo dieci minuti.
“Scusa ma sono stato fermo 12 minuti con la macchina ad un incrocio prima di capire che
ero in garage”.
I due si misero a lavorare sul rubinetto che ormai aveva allagato la cucina.
L’acqua arrivava alle caviglie dei due che cominciavano a preoccuparsi.
Dopo qualche minuto, l’acqua arrivava alle ginocchia e José cercava di far fruttare il suo
anno al Cepu e la sua tesi in tubi.
Alford cominciò a sospettare che quella mattina avrebbe dovuto liberarsi della sua gatta magari buttandola nel water.
E non nel rubinetto.
José ad un certo punto ci rinunciò.
Ormai l’acqua arrivava al bacino.
E non quello idrico della città, che sarebbe stata una vittoria, ma quello fisico dei due.
Questi guardavano la casa annegare lentamente.
Poi José chiese “Ma perché il tuo divano è l’unica cosa che galleggia?”
“Beh ma ha i braccioli..”

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