The Story
Quando gli occhi di Kamille si aprirono, le sembrò di essersi appena svegliata
nel letto di casa sua, con la mente che scorreva le cose che avrebbe dovuto fare insieme a
Mak per prepararsi per il viaggio sulla Marianne. Il cielo sopra di lei era azzurro come mai
prima e la sfocatura nei contorni della visuale andava scemando. Come un treno in corsa, il
ricordo degli istanti prima la investì e con un gesto spontaneo tentò di mettersi a sedere; un
dolore lancinante alla schiena le fece stringere i denti e la rigettò indietro. Ora Kamille
stava rivivendo le scene a bordo della Marianne e gli occhi si fissarono vacui
sull’incapacità di realizzare l’accaduto.

Accanto a lei, Krista la osservava mentre con una corda legava insieme alcuni
oggetti metallici. Kamille si girò verso di lei, gli occhi visibilmente commossi. Krista tentò
di sorriderle, sforzando la mascella, ma appena Kamille vide la mano sporca di sangue
rappreso capì che la donna era tormentata da dolori fisici simili ai suoi. “Non chiedermi
cosa ti sia successo…” le disse Krista mentre continuava ad annodare tra loro ingranaggi
arruginiti “…ti ho solo vista cadere come un sasso…”
Kamille capì di essere caduta su lei o che Krista l’avesse salvata in qualche modo. Con uno sforzo e qualche gemito di dolore, la giovane si mise a sedere: l’erba fresca e il cielo limpido stonavano con le sensazioni di terrore e impotenza che provava. Krista era seduta su un masso che sporgeva dal suolo come uno sgabello, circondata da qualche borsa, aggeggi metallici legati tra loro e i resti di quella che avrebbe potuto essere una barca di legno. Kamille vide poi le vele rattoppate piegate e disposte ordinatamente al fianco della donna. “Dove…sono…?” bisbigliò Kamille con voce tremante. “Tesoro, non lo so; siamo in fondo ad una splendida valle, apparentemente lontana da ogni cosa…” le rispose
Krista con voce straordinariamente gentile. “No…” continuò la giovane “…dove sono gli
altri…?” Krista alzò finalmente lo sguardo verso di lei. Kamille la fissava impassibile; il
viso pallido macchiato di lentiggini e fumo grigio, gli occhi verdi luminosi brillavano sotto
il velo di lacrime e la lunga chioma di boccoli rossastri le cadeva ancora aggraziata sulle
spalle, come se non fosse successo niente. Krista le mostrò un sorriso lucente ma intriso di
tristezza: “Non lo so, ho perso di vista la nave quando siamo atterrati qui…”
Kamille stava visibilmente affondando nel pessimismo e Krista, vedendo il labbro della
ragazza tremare, fece cadere la sua “collana” di oggetti arrugginiti e si alzò a fatica dal
masso, si diresse verso Kamille e si accucciò davanti a lei; poi estrasse dalla grossa tasca
dei pantaloni una borraccia di metallo lucente e gliela porse. “Bevi, tesoro, avrai sete. Io
sono Krista…” e le tese la mano. Kamille prese la borraccia e allungò la mano: Krista la
agitò visibilmente e le disse, forzando la voce come fosse un grasso gentiluomo ad un
ballo “Con chi ho il piacere di parlare, se madameoiselle mi permette di chiederlo?”.
Kamille sorrise, una lacrima le rigò la guancia. “Kamille. Kamille Grice…” e, appena
mollata la presa, aprì la borraccia e bevve. “Grice…?” ripetè Krista con voce
improvvisamente seria, cercando di continuare a sorridere. Kamille la fissò come
indispettita dalla reazione e Krista tornò a fingere di essere il grasso gentiluomo. “E quanti
anni ha, madameoiselle Kamille?” “Quasi quindici…” le rispose Kamille con voce da dama
presuntuosa. Krista rise per qualche secondo ma gli occhi le si bagnarono istantaneamente
di lacrime e si alzò, voltando le spalle alla giovane. Anche Kamille smise di ridere non
appena la donna si alzò e dopo lunghi istanti di silenzio accarezzati solo dal respiro del
vento tra alcuni cespugli, Kamille esordì di nuovo con voce seria: “Cosa è successo,
Krista…?” Krista, voltata verso il cumulo di detriti e ingranaggi, si asciugò le lacrime con
il dorso della mano e cercò di ricostruire i fatti di poco prima, cosa che non aveva ancora
fatto per bene dopo la caduta. “Hanno attaccato la Marianne…” iniziò Krista. “…non sono riuscita a capire chi fossero, nè perché lo stessero facendo, ma in pochi minuti sono riusciti a devastare una
delle più belle navi della Britannia intera…” Kamille la guardò attentamente negli occhi,
appena Krista si voltò, una volta terminata la frase. “Ma tu sei l’assistente di volo…” disse,
mentre allungava l’indice verso di lei. Krista sorrise amaramente, come se il fatto di
lavorare sulla Marianne le desse colpe sulla gestione difensiva durante l’attacco. “Si…”
rispose sommessamente. Kamille non aveva ancora realizzato la gravità potenziale della
situazione e non sapeva cosa domandare a Krista per farsi un’idea degli avvenimenti di
poco prima. “Come se mi interessasse tutto il resto…” pensò Kamille mentre un vortice di
agonia le attanagliava la gola, al pensiero della sua famiglia, sulla Marianne che
precipitava. “Non ho idea” continuò Krista “di cosa sia successo alla nave. Mi sembra
chiaro che tu avessi qualcuno lì sopra, una ragazzina non viaggia sola. E da quanto posso
capire, sei la nipotina di Joan, il co-pilota…” Kamille annuì, fissando per terra. “Sei
abbastanza grande da poter sopportare il racconto delle cose successe e non ti biasimo se
vuoi piangere o scappare o sbattere i pugni contro un masso. Anche io avevo una persona
importante sulla Marianne e, come te, so di non aver ancora realizzato la possibilità di
averla persa. Perché? Perché ne stiamo parlando, perché lo stiamo realizzando lentamente,
una micro-paralisi dei muscoli per volta, ad ogni ricordo, ad ogni pensiero che include quella o quelle persone…” Kamille non rispose: gli occhi si perdevano spenti tra i fili
d’erba e i primi fiori della stagione. Krista aveva estratto uno specchio da uno zaino in
pelle e si stava disegnando una grossa riga nera, con un carboncino, lungo gli occhi, come
una benda. “Che fai?” le chiese Kamille. Krista, senza distogliere lo sguardo dalla sua
immagine riflessa, rispose “I banditi delle Wasteland sono alcuni tra i più cattivi figli di
puttana al mondo. Non passeremo sicuramente inosservate, essendo due ragazze, ma forse,
se almeno ci trucchiamo come loro, abbiamo più possibilità che ci lascino in pace o
facciano meno domande, nel caso ci fermassero…” Kamille sgranò gli occhi “fermassero?”
pensò, “dove diavolo dobbiamo andare?”.
Krista la guardò, dopo che molti secondi di silenzio passarono a seguito della sua frase.
“No, Kamille, non possiamo stare qui: le navi di soccorso impiegheranno tre giorni,
massimo quattro, prima di arrivare qui. Inoltre, probabilmente, se siamo pessimiste, si
dirigeranno verso il luogo di…” deglutì e sospirò “…dove la Marianne…dove ora è ferma…”
Strinse il pugno che teneva il carboncino e continuò “…ho visto continuare il tragitto della
Marianne in fumo verso Nord, finchè non ti ho vista precipitare dalla nave. Andremo
quindi verso Nord sperando che nessuno faccia caso a noi. Ho due zaini di oggetti utili e
una borsa di provviste d’emergenza: se abbiamo fortuna, ci basteranno per arrivare sane e
salve al paese o alla Marianne. Forse la radio della Marianne funziona ancora…”
Entrambe crollarono nel silenzio, come se lo stesso pensiero avesse rapito la loro
attenzione: la Marianne probabilmente era precipitata in una valle più avanti e, sebbene
Krista non avesse sentito né parlato di esplosioni, le possibilità di salvarsi da uno schianto
erano molto ridotte. Kamille lo sapeva; era giovane, è vero, ma era la ragazzina più sveglia
di tutta la scuola, a detta delle maestre.
“Vieni…” disse Krista sorridendo, impressionata dalla flemma della giovane. “…meglio
che anche tu appaia una bandita… e dobbiamo fare qualcosa per quei vestiti. Mai visto un
bandito così elegante. Kamille si alzò, a fatica, e la raggiunse barcollando, tentando di
ignorare le fitte di dolore alle gambe.
Quando la donna ebbe finito, Kamille si guardò nello specchio: il volto pallido stonava
con la scura linea nera che Krista le aveva dipinto sopra gli occhi, piccoli tagli le ornavano
le guance, tra una lentiggine e un’altra. Si raccolse i capelli con un movimento del braccio
in modo che cadessero tutti lungo una spalla, sfilò un bracciale dal polso e con un rumore
metallico lo chiuse intorno alla coda di capelli rossicci. “Dici che questi vestiti…sai, se
dobbiamo sembrare banditi…” disse Kamille mentre sbatteva la mano contro la sua
elegante gonna color perla.
“Già, sarà meglio cambiarsi in qualche modo…” le rispose Krista dopo averle lanciato
un’occhiata.
“Tieni prova questo.” Krista le allungò un paio di pantaloni blu scuro da meccanico,
pieni di tasconi, sporchi e con una vecchia cintura in pelle nera ancora infilata nei passanti.
Kamille sfilò la gonna senza togliere gli stivali e infilò i grossi pantaloni blu. Nonostante i
grossi scarponi, le gambe non fecero fatica a entrare in quello che pensò essere un capo
d’abbigliamento per un adulto maschio. Strinse la cintura in vita il più che potè e realizzò
che erano tanto comodi quanto brutti; fortunatamente, gli stivaloni di Kamille impedivano
all’orlo di arrivare fino a terra e farla inciampare.
Krista la guardò trattenendo a malapena un sorrisino che fece capire a Kamille di essere
decisamente buffa, con pantaloni da meccanico e camicetta da festa.

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