Il periodo che precede il Natale è un concentrato di attese.
Si aspettano Babbo Natale, i regali, le abbuffate, gli incontri con i parenti. Si aspettano giorni più leggeri, una tregua, la serenità. A volte si aspetta persino la fine dell’anno, come se bastasse voltare pagina e cambiare numero per rimettere ordine.
Mi sono sempre chiesta se attendere significhi vivere “meno” il momento che sta scorrendo, perché parlare di attesa è proiettarsi in avanti, abitare il futuro prima ancora che arrivi, inseguirlo in tutte le sue possibili versioni. E nel farlo, spesso, il presente resta sullo sfondo, attraversato in fretta, quasi sopportato, e non vissuto.


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