TESTO
So, here’s a letter for a girl,
I’ve never felt this way before;
She’s in the faces of the strangers I walk by
When it rains with no clouds in the sky.
So, here, the words I’m scared to say
Though she won’t hear ‘em anyways:
“Dear Elle, I’m nothing but a stupid kid
But I promised myself I’d have given you everything
And the sound of my breath breaking
Is the soundtrack to this letter.
I may never hold your hands again
But I feel a little better
When I look at all the scars you left
Right underneath my chest.
And now I can’t hold on,
Does it have to hurt so much?
It’s a game I’ll always lose
‘Cause I love you
But it’s not enough.
So, here’s the song I wrote last night.
Remember when I said I was fine?
Well, it’s been ages since I smiled for real
And this rain’s the only thing I can feel.
So, here’s the truth, I have to lie
‘Cause you won’t trust me otherwise
‘Cause, dear, the truth is I’m a stupid kid
Who would die, right now, with a kiss
And the sound of my heart breaking
Is the soundtrack to my life.
I may never see your face again
But it’s stuck in my mind
When I wake up ‘till I go to bed,
When I go to bed, ‘till I wake up
And now I can’t hold on,
Does it have to hurt so much?
It’s a game I’ll always lose
‘Cause I love you
But it’s not enough.”


TRANSLATION
Non Abbastanza
Ecco una lettera per una ragazza,
Non mi sono mai sentito così prima;
Lei è nei volti degli sconosciuti che incrocio
Quando piove senza nuvole nel cielo.
Ecco le parole che ho paura di dire
Anche se lei non le sentirà comunque:
“Cara Elle, non sono altro che un ragazzo stupido,
Ma mi sono promesso che ti avrei dato tutto
E il suono del mio respiro che si spezza
È la colonna sonora di questa lettera.
Potrei non tenerti mai più per mano,
Ma mi sento un po’ meglio
Quando guardo tutte le cicatrici che mi hai lasciato
Proprio sotto il mio petto.
E ora non riesco a resistere,
Deve far male così tanto?
È un gioco che perderò sempre
Perché ti amo
Ma non è abbastanza.
Ecco la canzone che ho scritto ieri sera.
Ricordi quando ti ho detto che stavo bene?
Beh, sono passate ere da quando ho sorriso per davvero
E questa pioggia è l’unica cosa che riesco a sentire.
Ecco la verità, devo mentire
Perché altrimenti non ti fideresti di me
Perché, cara, la verità è che sono un ragazzo stupido
Che morirebbe, proprio ora, con un bacio
E il suono del mio cuore che si spezza
È la colonna sonora della mia vita.
Potrei non vedere mai più il tuo viso
Ma è bloccato nella mia mente
Quando mi sveglio fino a quando vado a letto,
Quando vado a letto, fino a quando mi sveglio
E ora non riesco a resistere,
Deve far male così tanto?
È un gioco che perderò sempre
Perché ti amo
Ma non è abbastanza.”

ANALISI AI
“Not Enough” è una ballata emotivamente intensa e profondamente vulnerabile, che esplora il dolore muto e irrisolto dell’amore non corrisposto o perduto. Attraverso una narrazione in forma epistolare e un linguaggio diretto ma poetico, il brano si configura come un tentativo disperato di comunicare sentimenti inascoltati e verità mai confessate. Il protagonista, un giovane che si definisce “nient’altro che un ragazzo stupido”, affronta la frattura tra il desiderio di dare tutto e la consapevolezza che quel tutto, per quanto autentico, non è sufficiente a colmare l’assenza o a riparare il distacco. L’intera canzone si muove lungo il confine sottile tra il rimpianto e la resa, tra la volontà di dichiarare l’amore e l’accettazione dolorosa dell’inevitabile. Le immagini ricorrenti — la pioggia senza nuvole, le cicatrici sotto il petto, il battito del cuore che si rompe — rafforzano la sensazione di un dolore silenzioso e costante, che si insinua nella quotidianità e trasforma ogni gesto, ogni pensiero, in un’eco dell’altro che non c’è più. “Not Enough” è, in definitiva, un’intima elegia sull’insufficienza dell’amore quando non è ricambiato, e sull’impossibilità di trattenere chi è già altrove, emotivamente o fisicamente.
So, here’s a letter for a girl, I’ve never felt this way before;
Il verso si apre con un’introduzione diretta e disarmante: il mittente sta scrivendo una lettera, mezzo tradizionale e intimo, per una ragazza che ha avuto un impatto emotivo senza precedenti sulla sua vita. La scelta della parola “letter” non è casuale: implica una riflessione ponderata, un tentativo di organizzare e dare forma a sentimenti caotici e difficili da comunicare verbalmente. Il tono è subito personale e sincero, e l’affermazione “I’ve never felt this way before” stabilisce il senso di unicità e intensità del sentimento provato, segnalando che ciò che sta per essere espresso ha un peso nuovo e forse spaventoso anche per chi lo vive.
She’s in the faces of the strangers I walk by
Questo verso prosegue l’esplorazione del turbamento emotivo attraverso una potente immagine psicologica: la ragazza è ovunque, proiettata nei volti degli sconosciuti che l’io narrante incrocia. È un chiaro segno di ossessione affettiva e di rimuginazione costante, in cui la mente dell’autore è così intrisa di pensieri su di lei che finisce per vederla ovunque, come un’ombra onnipresente che si mescola al quotidiano. L’anonimato degli “strangers” contrasta con la singolarità di lei, e questo sottolinea l’idea che nessuno può realmente sostituirla, ma che ogni volto è un richiamo, un’illusione o una ferita riaperta.
When it rains with no clouds in the sky.
Il terzo verso introduce un’immagine poetica e apparentemente paradossale, in cui piove senza che ci siano nuvole nel cielo. Questo contrasto crea un senso di surrealismo e malinconia, ma anche di confusione emotiva: è la manifestazione di un dolore interno che non trova riscontro nel mondo esterno, una tristezza intima che sfugge alla logica e ai segni visibili. Il protagonista sta vivendo una tempesta interiore che non si riflette nella realtà, una pioggia simbolica che rappresenta lacrime non versate, malinconia sommersa, o una sofferenza che il mondo ignora.
So, here, the words I’m scared to say though she won’t hear ‘em anyways:
Questo verso rappresenta un punto di rottura emotiva. L’io lirico ammette la propria vulnerabilità, confessando di avere paura di dire certe parole — forse per il loro significato, forse per il rischio di renderle reali — pur sapendo che non saranno ascoltate. È una confessione intrisa di rassegnazione e dolore, ma anche di un disperato bisogno di esprimersi. Il fatto che lui scriva comunque, pur sapendo che lei non sentirà, evidenzia la funzione catartica della scrittura stessa, che diventa più una terapia personale che un mezzo di comunicazione con l’altro.
“Dear Elle, I’m nothing but a stupid kid but I promised myself I’d have given you everything
Con l’apertura della lettera vera e propria, il tono si fa ancora più intimo e fragile. “Dear Elle” introduce la destinataria nominalmente, dando un volto definitivo all’amore narrato. Il narratore si definisce “nient’altro che un ragazzo stupido”, un’autodenigrazione che rivela insicurezza, senso di inadeguatezza e forse anche un sentimento di colpa. Tuttavia, nonostante questa auto-percezione negativa, egli aveva fatto a se stesso una promessa: avrebbe dato a Elle tutto. Questo contrasto tra l’autosvalutazione e l’intensità della promessa d’amore esprime un conflitto interiore tra ciò che il narratore desiderava essere per lei e ciò che si sente di essere realmente. L’uso del condizionale passato (“I’d have given”) suggerisce che quella promessa non è stata mantenuta — non per mancanza di volontà, ma perché non ne ha avuto la possibilità.
And the sound of my breath breaking is the soundtrack to this letter.
In questo verso, l’autore mette in scena una sinestesia tanto dolorosa quanto poetica: il “suono del respiro che si spezza” diventa colonna sonora di una lettera, conferendo al dolore fisico ed emotivo un’espressione uditiva continua. Il respiro, elemento vitale e costante, si frantuma sotto il peso dell’emozione e della perdita, diventando il sottofondo costante della narrazione epistolare. Questo passaggio non solo suggella il legame viscerale tra corpo ed emozione, ma amplifica anche la vulnerabilità del narratore: scrivere non è un atto distaccato o puramente intellettuale, ma un processo accompagnato da un dolore fisico, vivido, che si fa suono, ritmo, e atmosfera stessa della confessione. L’uso del termine “soundtrack” evoca inoltre una dimensione cinematografica, come se il dolore raccontato fosse parte di una scena che si ripete nella memoria del protagonista.
I may never hold your hands again
Questo verso affronta l’inevitabilità della perdita con una dolorosa consapevolezza. Il verbo “may” esprime una possibilità concreta, ma ancora avvolta da una speranza minima, da una rassegnazione non del tutto assoluta. Le “mani” sono il simbolo del contatto umano, della vicinanza fisica ed emotiva; non poterle stringere più significa non solo la fine di un rapporto, ma la privazione di quell’ancoraggio emotivo che dava senso alla realtà quotidiana. Il verso è scarno, semplice, ma proprio per questo potentissimo: racchiude il peso del distacco in un’immagine concreta, intima e universale.
But I feel a little better when I look at all the scars you left right underneath my chest.
Qui l’autore introduce una contraddizione carica di verità emotiva: il “sentirsi un po’ meglio” non è legato a una guarigione, ma all’atto di osservare le “cicatrici” lasciate dalla persona amata. Le cicatrici, situate proprio sotto al petto, alludono in modo diretto al cuore, al centro simbolico dell’amore e del dolore. La presenza di queste ferite permanenti diventa paradossalmente fonte di sollievo: testimoniano il passato condiviso, la profondità di ciò che è stato, rendendo tangibile un sentimento che altrimenti sarebbe solo un ricordo astratto. Le cicatrici diventano reliquie emotive, segni fisici della sopravvivenza al dolore, e quindi anche della permanenza di un significato.
And now I can’t hold on,
In questo verso, l’autore esprime una resa senza artifici. Il verbo “hold on” implica tenere duro, resistere, rimanere aggrappati a qualcosa — alla speranza, all’amore, al ricordo. Ma il “can’t” nega questa possibilità: non c’è più energia, più forza interiore per sostenere il peso emotivo. È un grido sommesso di esaurimento, che comunica un crollo interno e l’avvicinarsi a una soglia limite. Non è solo una dichiarazione di stanchezza, ma il punto di rottura emotiva, la fine di ogni tentativo di mantenere in vita un legame o un’illusione.
Does it have to hurt so much?
Questo verso è una domanda retorica intrisa di disperazione. Non cerca una risposta, ma denuncia l’intensità del dolore e l’apparente ingiustizia della sofferenza amorosa. L’uso del “have to” suggerisce una sorta di destino crudele, una necessità dolorosa che l’autore non comprende ma è costretto a subire. È la voce universale dell’amante abbandonato, del cuore spezzato che non trova giustificazione nella sproporzione tra ciò che è stato dato e ciò che si è ricevuto in cambio. È un urlo silenzioso contro la legge spietata delle emozioni.
It’s a game I’ll always lose
Questo verso introduce la metafora del gioco, ma è un gioco truccato, in cui il risultato è sempre scontato: la sconfitta. L’amore viene descritto come una dinamica ciclica di tentativi e fallimenti, dove l’autore si riconosce perennemente perdente. Non c’è spazio per vittorie o lieti fine: ogni gesto, ogni parola, ogni speranza conduce sempre e comunque alla perdita. La parola “always” sottolinea la natura fatale, sistemica di questo fallimento, che si ripete e si ripeterà, a prescindere da ciò che lui farà.
‘Cause I love you but it’s not enough.
Nel verso finale di questa sezione, si arriva al cuore tematico della canzone: la dolorosa verità che l’amore, pur essendo profondo, autentico, totalizzante, non è sufficiente a salvare una relazione. La contrapposizione tra “I love you” e “but it’s not enough” esprime un tragico paradosso. L’amore, che dovrebbe bastare a tenere uniti due esseri umani, qui fallisce. Non mancano i sentimenti, ma mancano le condizioni, il tempo, la reciprocità o forse solo la possibilità. È un’ammissione lacerante, che smaschera l’illusione romantica secondo cui amare basti sempre. In realtà, l’amore da solo può anche essere impotente, e questa consapevolezza segna uno dei dolori più maturi e più devastanti del vissuto emotivo.
So, here’s the song I wrote last night.
Questo verso apre con una dichiarazione semplice ma emotivamente potente, che funge da ponte tra l’intimità dell’esperienza personale e l’esposizione pubblica del dolore. La canzone, scritta “la scorsa notte”, diventa qui simbolo di un’urgenza espressiva che non può essere più trattenuta: la notte, tradizionalmente associata a solitudine, introspezione e malinconia, rappresenta il momento in cui il peso emotivo raggiunge un’intensità tale da richiedere uno sfogo. L’uso della parola “song” al posto di “letter” o “message” conferisce all’atto comunicativo una connotazione artistica, come se solo attraverso la musica si potesse raccontare la verità di un dolore altrimenti ineffabile. La scelta del tempo passato prossimo (“I wrote”) indica che l’azione è recente ma già compiuta, come se l’atto creativo non avesse portato sollievo, bensì solo un’altra testimonianza del tormento. È un’apertura che, nella sua apparente semplicità, cela un grido di aiuto mascherato da dono artistico.
Remember when I said I was fine?
In questo verso viene introdotta una dissonanza tra la realtà dichiarata e quella vissuta, e lo si fa attraverso una domanda retorica dal tono amaro, quasi sarcastico. Il verbo “remember” richiama l’interlocutore (presumibilmente Elle) a un momento specifico condiviso, enfatizzando quanto quel ricordo sia ancora vivido per il narratore. L’espressione “I was fine” è una delle bugie più comuni legate alla sofferenza emotiva: dire di stare bene quando si è in pezzi è una difesa, un modo per evitare di sembrare vulnerabili o per non pesare sugli altri. In questo contesto, il verso diventa una confessione tardiva e dolorosa, il riconoscimento di una menzogna detta forse più per proteggere l’altra persona che per proteggere sé stessi. La costruzione interrogativa, con la sua cadenza morbida e colloquiale, amplifica la sensazione di intimità e rimpianto, portando il lettore ad avvertire il senso di colpa e la tristezza che permeano l’intero componimento.
Well, it’s been ages since I smiled for real
La parola “Well” che apre il verso aggiunge una sfumatura discorsiva, quasi a sottolineare una riflessione che scaturisce in modo naturale e inevitabile dalla domanda precedente. “It’s been ages” è un’espressione iperbolica che trasmette la percezione soggettiva del tempo durante la sofferenza: anche pochi giorni possono sembrare eterni quando il dolore emotivo è costante. “Since I smiled for real” introduce un contrasto tra l’apparenza e l’autenticità, suggerendo che eventuali sorrisi mostrati nel frattempo erano falsi, obbligati o vuoti. Quel “for real” è il cuore del verso, l’ammissione più dolce e disperata insieme: la perdita della spontaneità emotiva, il senso di alienazione da sé stessi e dal proprio corpo. È una frase che comunica stanchezza cronica, un’esistenza che procede senza gioia, svuotata da qualunque stimolo emotivo genuino. La scelta di usare il sorriso come indice di benessere è profondamente umana e universale: tutti comprendono il valore di un sorriso autentico, e la sua assenza prolungata diventa metafora del buio interiore.
And this rain’s the only thing I can feel.
Qui il simbolismo raggiunge una densità poetica particolarmente intensa. La pioggia è uno degli archetipi più comuni nella letteratura e nella musica per esprimere tristezza, malinconia, purificazione o solitudine. In questo caso, la pioggia diventa non solo un elemento esterno ma l’unica sensazione ancora percepita dal narratore, a sottolineare una dissociazione dal resto del mondo emotivo. L’uso dell’articolo determinativo “this” specifica una pioggia concreta, reale, che si contrappone all’anestesia emotiva generale: il dolore ha ridotto l’intera gamma di emozioni e percezioni a un solo stimolo, umido, freddo e continuo. Questo verso suggerisce una sorta di apatia sensoriale, tipica di condizioni depressive, in cui la pioggia — elemento notoriamente sgradevole — è paradossalmente ciò che ancora connette l’io al mondo. L’acqua che cade diventa così il sostituto fisico delle lacrime che il soggetto non riesce più a versare, o forse l’unica presenza costante e sincera in un mondo di menzogne affettive.
So, here’s the truth, I have to lie ‘cause you won’t trust me otherwise
In questo verso si assiste a una frattura paradossale tra verità e menzogna, tra l’intenzione di confessare e la consapevolezza dell’incomunicabilità. L’apertura “So, here’s the truth” crea un’aspettativa di sincerità, di apertura, ma viene immediatamente contraddetta da “I have to lie”, generando una tensione che è al tempo stesso narrativa ed emotiva. La frase riflette una dinamica relazionale profondamente disfunzionale, in cui l’autenticità non è sufficiente a garantire la fiducia. Il narratore è costretto a mentire non per mancanza di onestà, ma per disperazione: la verità, in questo contesto, è inefficace, forse addirittura dannosa. L’espressione “you won’t trust me otherwise” suggerisce che l’interlocutrice ha perso la capacità o la volontà di credere nel narratore, e quindi quest’ultimo si vede costretto a costruire un linguaggio alternativo, fatto di illusioni e omissioni. L’intera frase è pervasa da un senso di impotenza e rassegnazione, come se la comunicazione autentica fosse diventata un lusso impossibile, una porta ormai chiusa.
‘Cause, dear, the truth is I’m a stupid kid who would die, right now, with a kiss
Questo verso, probabilmente il più emotivamente lacerante dell’intero frammento, condensa una miscela di autodenigrazione, desiderio, vulnerabilità e disperazione. L’apostrofe “dear” introduce una tenerezza dolente, quasi infantile, che contrasta con la brutalità del contenuto che segue. Il narratore si definisce “a stupid kid”, riducendosi volontariamente a una figura fragile, ingenua, goffa, incapace di gestire l’intensità dei propri sentimenti. L’aggettivo “stupid” non va inteso solo come insulto, ma come confessione di inadeguatezza, di smarrimento davanti a un amore che non riesce a contenere. L’espressione “would die, right now, with a kiss” ha una forza drammatica sconvolgente: il narratore dichiara che un semplice gesto d’amore, ricevuto in quel momento, sarebbe sufficiente a distruggere ogni barriera, a colmarlo a tal punto da poter morire soddisfatto. È un’immagine estrema, che parla di quanto sia profondo il desiderio di riconciliazione, di vicinanza, di contatto fisico ed emotivo. Ma suggerisce anche un’ombra autodistruttiva, una voglia di fine che trova nella dolcezza l’ultimo rifugio possibile. La morte evocata non è minaccia ma liberazione, compimento, punto finale di un sentimento che non trova spazio per esistere.
And the sound of my heart breaking is the soundtrack to my life.
Questo verso apre con una dichiarazione potente e profondamente drammatica, che combina il linguaggio emotivo con quello musicale per creare un’immagine di sofferenza costante e ineludibile. L’uso della parola “sound” conferisce alla frattura emotiva una dimensione uditiva, quasi fisica: il cuore spezzato non è solo una metafora interiore, ma genera un rumore concreto, persistente, che accompagna ogni istante dell’esistenza del narratore. Descrivere questo suono come “the soundtrack to my life” è una scelta lessicale e simbolica di grande impatto, perché assegna alla sofferenza il ruolo di colonna sonora della quotidianità, come se ogni azione, ogni gesto, ogni pensiero fossero scanditi dal battito distorto e doloroso di un cuore ferito. Il termine “soundtrack”, tipicamente associato al cinema o a momenti memorabili, viene qui riappropriato per enfatizzare quanto il dolore amoroso sia diventato parte integrante, se non dominante, dell’identità e dell’esperienza del soggetto. Non si tratta più di un dolore isolato o temporaneo, ma di un sottofondo esistenziale, onnipresente, che sostituisce qualsiasi armonia passata. Questo verso comunica non solo tristezza, ma anche un senso di resa totale: l’amore perduto non è più un evento, è una condizione esistenziale.
I may never see your face again but it’s stuck in my mind
Questo verso introduce un contrasto devastante tra l’assenza fisica e la presenza mentale dell’amata. “I may never see your face again” è una frase carica di fatalismo e rassegnazione, in cui la possibilità di un addio definitivo viene accolta come plausibile, se non inevitabile. Il condizionale modale “may” sottolinea un’incertezza angosciante, un dubbio che si affaccia continuamente nella mente del narratore e che rappresenta una delle torture più laceranti del distacco: l’assenza di una chiusura netta, l’impossibilità di sapere se ci sarà mai un ritorno o anche solo un’ultima occasione. Tuttavia, l’ammissione immediatamente successiva, “but it’s stuck in my mind”, rivela quanto questa separazione sia, nella realtà interna del narratore, del tutto fittizia: il volto di Elle non ha mai lasciato la sua coscienza, anzi vi si è impresso con una forza tale da diventare un’ossessione. Il verbo “stuck” suggerisce un’incapacità di liberarsi, un attaccamento compulsivo, quasi patologico, che resiste al tempo, alla distanza, alla logica. Il volto dell’amata diventa simbolo di tutto ciò che è perduto ma non dimenticabile, un fantasma dolce e doloroso che infesta ogni pensiero, ogni immagine, ogni sogno. Il verso sottolinea come l’amore non corrisposto o interrotto continui a vivere in forme alternative, nella memoria e nell’immaginazione, diventando spesso ancora più potente e invasivo proprio perché privo di contatto reale.
When I wake up ‘till I go to bed, when I go to bed, ‘till I wake up
Questo verso finale, attraverso una struttura circolare e ripetitiva, comunica un’idea di continuità e ininterrotta sofferenza. L’espressione “when I wake up ‘till I go to bed” copre l’arco temporale della veglia, suggerendo che il pensiero dell’amata invade ogni momento della giornata, dalla prima apertura degli occhi fino all’ultimo istante prima del sonno. Tuttavia, l’autore non si ferma qui: ripete e inverte la struttura con “when I go to bed, ‘till I wake up”, ampliando così l’occupazione mentale all’intero arco delle ventiquattro ore. Questa ripetizione non è solo stilistica, ma esprime l’inesorabilità del ricordo: non esiste tregua, né nel giorno né nella notte. Il narratore è intrappolato in un ciclo mentale che si autoalimenta e da cui non riesce a uscire. L’alternanza tra veglia e sonno, normalmente associata al ritmo fisiologico e alla possibilità di sollievo o riposo, diventa qui un continuo flusso di pensieri intrusivi, un’ossessione che non risparmia nessun momento della coscienza. La costruzione grammaticale rafforza l’idea che la memoria dell’amata, e con essa il dolore della perdita, si sia insinuata in modo permanente nella psiche del soggetto, diventando la nuova normalità. Non c’è pausa, non c’è interruzione, solo un susseguirsi infinito di ricordi che attraversano e occupano ogni spazio della mente, trasformando l’intera esistenza in un atto di ruminazione sentimentale.
“Not Enough” si configura come una ballata struggente che esplora, con un’intensità palpabile, le tematiche del dolore amoroso, della solitudine e della lotta interiore. La canzone dipinge l’immagine di un narratore che, pur cercando di apparire forte e distante, non può fare a meno di essere sopraffatto dai sentimenti non corrisposti e dalla perdita. L’intera struttura del brano ruota attorno all’idea di una sofferenza senza fine, costantemente alimentata dal ricordo di un amore che non può più essere raggiunto, ma che continua a vivere come una ferita aperta nella psiche del protagonista. Le immagini che emergono nei versi, come la lettera non inviata, il volto della persona amata che non se ne va dalla mente e la ripetizione incessante di emozioni dolorose, creano un’atmosfera di impotenza e rassegnazione, ma anche di una struggente bellezza nell’accettazione di tale condizione.
La canzone, attraverso la sua lirica schietta e diretta, si confronta con la brutalità dell’esperienza emotiva, senza nascondere nulla. La figura del “stupid kid” che si riconosce nelle proprie debolezze e insicurezze, ma che nonostante tutto si sforza di offrire sé stesso, aggiunge un ulteriore strato di vulnerabilità alla narrazione. La contraddizione tra il dichiarato “non è abbastanza” e l’amore che continua a sopravvivere all’interno di un cuore spezzato evidenzia la lotta interna del narratore, diviso tra l’auto-compassione e il desiderio di essere accettato e amato. La struttura circolare dei versi, che enfatizza la ripetizione costante dei pensieri e dei ricordi, crea una sensazione di stasi, come se il protagonista fosse intrappolato in un loop emotivo da cui non riesce a sfuggire.
La canzone non solo racconta una storia di sofferenza, ma esplora anche la bellezza tragica che spesso accompagna l’amore non ricambiato, dove il dolore stesso diventa una forma di connessione, una testimonianza di quanto l’amore stesso possa essere potente, anche quando sembra inadeguato o irrimediabilmente perduto. In questo senso, “Not Enough” non è semplicemente una lamentela, ma una riflessione profonda sull’amore, la perdita e la continua lotta per trovare un senso, anche in mezzo alla disperazione. La sua sincerità, unita alla sua sensibilità emotiva, rende questa canzone un’espressione autentica e potente delle complessità e delle contraddizioni che accompagnano l’esperienza umana dell’amore non corrisposto.

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Lyrics & Music by Marco Delrio
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disclaimer: Gli articoli presenti in questa sezione del blog includono analisi di poesie effettuate dall’intelligenza artificiale. È importante tenere presente che le interpretazioni artistiche e letterarie sono spesso soggettive e possono variare notevolmente da persona a persona. Le analisi fornite dall’intelligenza artificiale sono basate su modelli di linguaggio e dati storici, ma non riflettono necessariamente l’unico o il “vero” significato di una poesia. Le analisi dell’intelligenza artificiale possono offrire prospettive interessanti e nuove su opere letterarie, ma non dovrebbero sostituire l’approccio critico umano o l’interpretazione personale. Si consiglia agli utenti di prendere in considerazione le analisi dell’intelligenza artificiale come un punto di partenza per la riflessione e il dibattito, piuttosto che come un’opinione definitiva. Si prega di ricordare che l’arte, compresa la poesia, è aperta a molteplici interpretazioni e sfumature, e il piacere della sua scoperta deriva spesso dalla libertà di interpretazione personale. Inoltre, l’intelligenza artificiale potrebbe non essere in grado di cogliere completamente l’aspetto emotivo o contestuale di una poesia, il che rende ancora più importante considerare le analisi con una mente aperta e critica.

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