tratto da “La Sostenibile Pesantezza dell’Avere” (2014) – Capitolo Sei Meno 0,4
Credo di aver capito come distinguere Mario e Dario, i due presunti autori di questo diario.
Anche se “diario” mi sembra una parola grossa.
Anche “autori” mi sembra un po’ un’esagerazione.
“Presunti” invece mi piace come parola.

Beh ad ogni modo, credo che Mario sia molto più preciso dal punto di vista della datazione.
Chissà se si dice “datazione”.
Beh, ve lo lascio scoprire.
Dario invece scrive molto ma senza riferimenti cronologici.
O forse è il contrario.
Cioè Dario che scrive date e blah blah e invece Mar.. Oh insomma potevano mettercela
una firma al fondo di ogni racconto.
Indubbiamente sono buoni amici sennò non starebbero a dividere un diario, una cosa così
intima come un diario.
Conoscevo due buonissimi amici un po’ di tempo fa.
Una storia singolare.
Due storie, plurale.
Io conoscevo solo uno di quei due amici, Glodio.
Bel nome vero?
Beh, un tempo, Glodio portava i capelli rossi.
Non è che li aveva rossi ma li portava sempre con sé, nella “tracollana”, la comoda borsa
agganciabile al ciondolo della collana.
Tutti lo prendevano in giro ma non sapevano che lui pativa e spesso vomitava sui sedili
posteriori delle macchine dei suoi amici.
“Smettetela di prendermi in giro prima che io metta i braccialetti anti-vomito!!” gridava
sempre.
E gli amici ridevano.
O meglio, ex-amici.
D’altronde non riuscì a mandare giù quegli scherzi.
Anzi, proprio il contrario di “mandare giù”.
Fortunatamente riuscì a fare amicizia con un altro pel di carota, Gigino, figlio del fabbro
che, fin da piccolo, lo utilizzava come strofinaccio per rimuovere la ruggine dalle spranghe.
Utilizzava la testa riccioluta del figlio e il colore dei suoi capelli diventò rosso.
Glodio e Gigino avevano una passione comune: la musica.
Si vedevano tutti i pomeriggi per duettare, i primo con la tromba e il secondo con il
pianoforte.
Un giorno Gigino si ammalò di qualcosa che solo i fenicotteri fecondi potevano trasmettere.
Ma non smisero si suonare.
Nemmeno dopo le lamentele del condominio. Nemmeno dopo che i timpani lacerati della
mamma di Glodio ne causarono la morte.
Purtroppo, però, qualcosa stava cambiando.
Non c’era più armonia tra i due.
E in un gruppo è fondamentale.
Eppure la loro amicizia era annodata con laboriosità grazie a gomitoli di feeling.
Si stavano allontanando.
Si allontanavano e Gigino guariva.
Guariva piano piano.
E Glodio pativa la sua messa in sesto, essendo ateo e abituato ad arrivare quinto.
Glodio soffriva quell’amicizia senza dialoghi e lo scriveva sul suo diario ogni sera prima di
andare a letto.
Nessuno lo aveva mai fatto soffrire così.
Ma Gigino guariva, riprendeva colore.
Prima il verde. Poi il marrone.
Non era bello a vedersi ma nemmeno a sentirsi. Nemmeno a toccarsi, figuriamoci a
gustarsi.
Ne manca uno. Ah si. Aveva però un buon odore.
Ed era ciò che più mancava a Glodio.
Glodio lo vedeva allontanarsi e incolpò la musica di questa distanza e forse aveva ragione.
Gigino guariva ma i suoi tasti neri e bianchi erano sempre più distanti da Glodio.
E io vedevo Glodio soffire e pensavo ”È proprio vero che chi va al piano va sano e va
lontano”.
Volto pagina.

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