The Poem
Tratto da “Maree Oniriche” (2016) Streetlib Publishing
Ricordi che te n’ho parlato già
Delle complicazioni implicite
Che sottindende la gravità
Trattando dei voli pindarici
Quando non ascoltavi mai
E come un monaco buddista
Ammiravi il mio bonsai
Dalla chioma dadaista?
Eppure io non m’adiravo
Ché era tanto averti in casa
E t’accorgevi che pensavo
Al tuo vestito da sposa.
Tra i lembi crepuscolari
Ti mostravo fiero il fiume
Districarsi tra i binari
D’alghe marce e di bitume
E tu lo guardavi affranta
Un po’ gelosa, un po’ stupita
Della mia vita spenta
Da pantafolaio eremita.
Sai che non l’ho mai capito
Come umano amatoriale
Che anche se parlo forbito
Non smetto d’esser asociale
Ma forse siamo più opposti
Di quelli che s’attraggono,
Dovremmo star nascosti
In una cella del Pentagono
Ché non le conto più
Le rime che t’ho scritto
Affogando nel tiramisù
Sul bordo del mio letto
Dove lasciasti la vestaglia
Intrisa di un blu leggero;
La brezza a volte la sfoglia
Come frecce su un cimiero.
Chissà se posso, poi, mancarti
Ora che il trolley t’accompagna
Dentro tutti gli aeroporti,
Dall’Australia alla Spagna.
Chissà dove devo incidere
Le parole che comunque
Non saprei nemmeno scrivere
Ma che scriverei ovunque
Tanto è oltre che palese
Ormai a ogni mio lettore
Ch’anche senza dir il paese
Ti verrebbe a cercare
Per pietà o empatia,
Forse più per compassione
Ma, tra duemila, una poesia
Nemmeno parla del tuo nome.
E non ho più il bonsai nel vaso,
A dirla tutta neanche il balcone:
Il conto in banca m’ha persuaso
A una breve epurazione.
Ho comunque il tuo sorriso
Dipinto ai bordi delle ciglia,
Giallastro di fumo e narciso,
La dodicesima meraviglia.
E tiro avanti, il giorno inizia
Bestemmiando alla mattina
Poi gomme alla liquirizia
E cerotti alla nicotina
Ché son debole, lo sai bene
Da prima che me ne accorgessi,
Amo l’odor del cherosene
E gongolare nei successi,
Schivo il dialogo coi grandi
E le responsabilità
Come compiere gli anni
E mostrare umiltà.
Ammetti che m’amasti infine
Quando già m’ero stancato
Delle tue grigie parigine
E del tuo viso immacolato.
Era sempre colpa mia, sì,
Lo sapevo lì all’istante
Ma aspettare di abbracciarsi
Mi lasciava dolorante
E forse eri troppo lenta
E io correvo come un matto,
Tu ancora alle fondamenta,
Io a fumare sopra il tetto.
Chi lo dice poi che è un male
Aver diversa prospettiva
O passo, anche l’eclissi solare
Ogni tanto si fa viva.
Fai tesoro degli sbagli, cara,
Delle mie complicazioni
Anche se poi nella bara
A poco servon le lezioni
Che rubavi e non volevi,
Come neve sopra un ramo.
Sbagliai io, su due piedi
Il primo giorno a dir che t’amo.
