09/02/1925 – ore 17:39 – #225 (#590)
Col bendaggio improvvisato ch’or serra la palma dolorante cui accennavo nell’entrata precedente, m’accingo a dilungarmi un poco su codeste pagine anticipando l’ultimo pasto del dì che, di contro, non nego assalterei all’istante. Il dì m’ha sbalordito appena, oi, poiché son di fatto riuscito a completare molte se non tutte le azioni che m’ero promesso tra ‘l fine d’ieri e le prime ore della mane d’oi. Ho recuperato alcune carte intonse pe’ bozzare e poi rifinire una novella tablatura delle solitanze che necessito d’includere cotidianamente nell’ore di veglia e che confido compagneranno tanti de’ mesi a venire. In codesta, debbo ammettere d’aver ridotto drasticamente la lista d’obbligazioni soggettive cui tuffarmi, consapevole d’abbisognare un rientro in tale ottica dal passo lieve e non frettato. Nonostante la notte di sonno agitato, l’ennesima, me tapino, son riuscito a mantenere longevi livelli di produttività durante le ore di sole ascendente e le mie forze si sono successivamente concentrate sulla stilatura di nuove carte di registro ch’iranno complementando i già massicci tomi di signature delle transazioni economiche e commerciali inerenti a ogni aspetto de’ dì. Per quanto abbia, in principio sottovalutato l’operazione qui succitata, m’è stato chiaro a metà dell’opera che non potevo permettermi di lassare ‘l tutto incompiuto ed ho proseguito fin oltre la mia consueta ora di desino pe’ porre un sigillo a cotante nove caselle compilabili. Incominciai a mantenere tali registri nell’ormai distante 1922, nell’autunno d’un anno che parea riservarmi solo conflitti e lame rugginite. Fu una delle decisioni più proficue ch’abbia mai preso: non solo codesta maniacale e cotidiana fissazione nell’archiviazione d’ogni singola cedola o trasferimento pecuniario funge da siero soporifero pe’ le mie ossessioni compulsive e bisogne di controllo panoramico e specifico ma ha inoltre mostratomi andamenti e dettagli che mai avrei potuto scorgere in un vagabondare sin scritte o carte. Per quanto molte delle mie altalenanze di fortune si basino sull’imprevedibilità oggettiva dell’esistenza d’un individuo della mia fascia d’età, ceto sociale e ambiente urbano, l’inoculazione subliminale di cariche di disciplina – o d’urgenze d’essa – pe’ restare co’ piedi sul sentiero giusto ne vengono proprio di cotanta minuziosità del controllo. Di qui nasce novamente la mia risoluzione, in concordanza colle mire annuali attuali, di navigare ben dentro i confini che tali grafici e tabelle mi propongono asetticamente e sin giudizio alcuno; tale mio convincimento disciplinato torna ‘sì a farsi largo in tra le beghe animalesche che mese sì e mese no debbo tenere al giogo in qualche maniera. Ebbene, se di fatto l’impiego d’uno sforzo scarsamente insopportabile surclassa sin dubbi alcuni la detestabile fanghiglia del biasimo che deriva dalla negligenza di cotali sforzi, non vi sono quistioni sull’ove debba ricadere la risposta ai quesiti ch’ogniddì tentano di catenarmi ai roveti dell’ozio e della procrastinazione. Credo ch’inoltre, molto di cotanto rinnovato entusiasmo si possa discernere anche dall’entrate di codesto che libello che, tempo permettendo, trovano modo d’elongarsi in maniera più naturale rispetto alle digressioni confuse che spesso puntinano le mie opere cotidiane. Sovente, come quissà già ne discorsi addietro, mi dimando se l’assenza di avvenimenti concreti e di personaggi e interazioni sia accettabile o perdonabile in questo diario che, per quanto titolasi com’un terapeutico monologo a tre fra le mie identità, manca di corniciare lo ch’in fondo fa di me lo che traspare in codeste frasi, ossia l’altri. Perentorio paremi oramai il bisogno d’aver di che praticare e ragionare sull’impostazione e l’immagine ch’ho dall’esterno dell’occhi, quistione cui sovente dò peso sin seguirne con azioni. Quissà rimanenza dell’avulso mio passato ribelle, nell’esteriore e nel pensiero. Rimedio un poco brevemente, or che l’ora presta ancor non mi degna di sedermi ‘n cucina. I contatti con Juliet sono ripresi regolarmente, oramai, e ne sono lieto, sopra di tutto a seguito della sua comprensione successivamente giustificata pe’ la mia lunga assenza dalla corrispondenza epistolare ch’ha sempre consolidato ‘l d’entrambi rispetto. Ella è reduce d’un ennesimo trasferimento, ancor pe’ vie carrieristiche che non cesso d’ammirare e non ho ancora avuto occasione pe’ estrapolarne molti dettagli poiché le missive, di recente, si soffermano sull’esplorazione d’alcune bisacce emotive sulle quali abbiamo necessità di travagliare. Ben mi sta ch’ella non disdegna l’addentrarsi ‘n ‘sì impervi discorsi al limite del metafisico e dello psicologico. La mia gratitudine per ciò, con ella, sovente si dimostra in un’elevata predisposizione e capacità di ascolto, consiglio e comprensione, a discapito de’ mie’ scarsi livelli d’empatia. In passato attribuivo tali attenzioni propostele alli istinti carnali che motivano, di fondo, ogni azione o decisione dell’individui, per quanto inconsciamente più ch’a seguito di cagion veduta, ma orora fatico a dar ‘sì tanto valore a cotale teoria, per quanto di contro alle correnti filosofiche realistiche che mastico e idolatro. Quissà codesto non è luogo né momento ideale pe’ inciampare in tali dilungamenti.


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