15/01/1925 – ore 21:09- #200 (#565)
Il dì d’impiego s’è concluso verso la terza ora del meriggio poscia un impegnato susseguirsi d’obbligazioni presso Wedgeville e dintorni. Sentivo la nostalgia de’ mie’ vagabondaggi solitari per le fabbriche di Hillfoot alla ricerca della prestazione ottimale che possa generare il massimo del ricavo con il minimo sforzo. Sono alquanto dispiaciuto di non aver del tutto completato le urgenze della settimana e venerdì sarò costretto a recarmi nuovamente presso Wedgeville per concludere al migliore dei modi la prima cascata di attività dell’anno. Mi son promesso di non lassare nulla al caso o all’ozio, di modo da non dover barcamenarmi d’in tra le inefficienze nelle settimane a seguire. Oi, in Wedgeville, ponderavo sulla mia solitudine silente, perlomeno di favella, ch’in iscritti paio non saper tacere, e mi dimandavo se vi sia un frangente ideale o propizio per tentare di condividere il mio quotidiano con un qualcheduno. I tratti delicati e decisi d’un’operaia dell’Activa Corp. di Wedgeville m’hanno inoculato cotali pensieri e ancor ora mi vedo dondolarci appresso, questionando se non sia un inconscio istinto naturale o se di fatto già n’ebbi a sufficienza di codesta marginazione de’ contatti sociali. Nelle prossime giornate mi porrò nuovamente il quesito sebbene, di fondo all’inesplicabile irrazionalità che talvolta appantana il mio cogitare, potrei addirittura già dedurre alcune risposte. Com’è ovvio, gli strascichi d’Ella ancor si ripercuotono sul mio atteggiamento esteriore e sulla mia capacità di considerare o immaginare una potenziale condivisione con un altro individuo che non sia Ella. Ebbene, tale impedimento al limite della testardaggine viene come peccato e come benedizione al medesimo momento. Vi sono infiniti risvolti positivi che intravedo e tramite i quali produco e mi sollazzo se lassomi cullare in lo ch’ormai non resta nulla più ch’una manciata di sensazioni sensoriali e una valanga di ricordi deformati dallo scorrere delle lune – uno di questi è la brama di tornare proprio quivi a blaterare di codeste apparenti nullità di nullo interesse pe’ l’eventuale lettore che potrebbe incappare sul mio scritto. Mi arresto solo per citare anche il risvolto negativo che si palesa sovente, ovvero ch’ì mi stia catenando volontariamente all’ineluttabile fato di un’esistenza d’attesa insperata e di risultato ben più che incerto, poiché, oibò, col correre de’ dì, le probabilità che un eventuale incontro di fattezze oniriche si ripresenti van scemando come, quasi ne son sicuro, l’ultimi rimasugli di lo ch’Ella avrebbe potuto ancor covare didentro per il sottoscritto. Dove, cosa e quando cangiare un qualché, allora, diario mio? Or che ho posto fossati d’omertà e sguardi torvi fra me e ‘l piccolo circolo di conoscenze che soleano intrigarmi quel che bisognava pe’ movermi con eccellenza fra i dì. Oppure, di contro, debbo solo grapparmi ancora, tenace e zucco, alle scelte effettuate, confidando ne’ rigiri delle carte ‘n tavola, una volta come mai prima, orbene ché mai prima, di fatto, tale fu la mia dedizione a codesta decisione impopolare? Oppure che venga, la provvidenza inaspettata, d’un incontro vestito novo, ch’or già non mi volto ma che, anzi, di fondo spero.


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