06/08/1923 – ore 18:32 – #38 – appunti sparsi

Aver di che mirare lo ch’anelo paremi ormai non sufficiente se non vi seguono atti diretti e intenzionali ch’han di che ser fedeli a tale rimostranza ne’ confronti dell’immagini che solgo pormi dinnanzi l’occhi. Per vero che casi dorrìa in fine porle tali immagini fronte pe’ stimolare pure la catarsi visiva che ‘n sia poi l’ultimo scalino che manca pe’ catalizzare la partenza come bramo fin da ‘sì tante lune. Eppure ch’ho di che bramare coll’occhi or che vi pondero riguardo? Divinabile il mio cascare col cogito su d’Ella e un qualche rimasuglio fotografico che quissà permane in codesto appartamento minuto al margine dell’intera stanza. Eppure di contro v’è proprio la possibilità che tale sia la mia bisogna pe’ movermi lontano dello ch’ha lassato che proliferasse nel mio cotidiano. Or s’han fatto parecchi dì che la brama di gittarmi sui foglietti di codesto diario è talmente scarsa che a malapena riesco a lassare sortire un qualche paragrafo assenato o con un qualché di che dire – e, di più, v’è anche lo che di me impreca pe’ non allinearsi colla mia promessa medesima di mantenere un asettico cronacare e nulla piute. Ebbene, ove direzionarmi, or ch’il vacuo echeggiare d’un’identità offuscata dalle mie brame irrisolte fa di me nulla più ch’un vuotato baco ch’ha lassato fuggire ‘l novo lepidottero graziato e gentile? Render accomodante tale guscio ‘sì rugoso parmi quissà più ‘n vagheggiamento poco realistico ch’un effettivo ed efficace piano d’azione. Scarseggiano i sentieri, talvolta, pe’ quanto parecchi s’aprano innanzi. Di torno pei campi oltre le periferie di Bolinthos mi sovvengono milliaia di fantasticherie ch’or dorrìa giurarmi d’arrestarmi a ognuna pe’ non lassarle scalpicciare via, lassandomi col nulla di che inchiostrare quivi. Come ci si disincatena da ‘sì tanta consapevolezza dell’effimero?

Arthur Parker, Marco Delrio

Marco Delrio