#13250-10
Dalli scritti ch’ho di che pregnarmi ogniddì, v’è ‘n aforisma recente ch’ha signatomi didentro e lumina ‘l diario ire in la maniera ch’aveo la bisogna occorresse. S’ha di che perpetrare nell’azioni de’ dì colla maginata tangibilità non del frontare l’ultimo vespro disponibile ma di ser già ito e aver raccolto la terra di sopra del corpo ma ch’un dì ancora è stato concesso; ‘sì che ‘l_lascito irà dipeso dell’uso di suddette ore, sin tentenni ne’ piani lungomiranti, sin l’incavo rancoroso ch’il fu ha lassato, sin l’implicazioni bestiali dell’ego, sin le carisme del tempo che fluttua d’in tra i gesti; unicamente l’istante e lo che fo’, ch’enuncio, che lasso alli pochi ch’han compreso l’impermanenza e di parpasso la bisogna di dissotterrare un qualsiasi antidoto a codesta. Ecco ch’il diario diviene piute che fondamentale, ma ‘l cor del guardo e d’ov’esso posa. Oltremmai pigrizia o procrastino. Solo senso e mire. Solo bellare col fato perfido dell’uomo.ℳ ᵝ

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