Il Diario delle Vanvere Terapeutiche #15

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14/07/1923 – ore 15:13 – #15 – appunti sparsi

Fu ‘l dì ch’avemmo eletto insieme come una di sorta partenza ed or resta a memento d’un arrivo – perlomeno dal d’ella conto, come solgo immaginare. Fin troppo, quissà, ne discorro ancora tramite qualsivoglia mezzo a mia disposizione, e fin troppo ne sciorinerò ancora, talvolta cripticamente, talvolta menzionandone pure ‘l nome, l’angoli del cotidiano brevemente condiviso, l’ombre che invece di scacciare abbiamo lassato c’ingollassero sani. Stolto come mai prima mi appaio al ripensarci, vile e cieco nel mio egoismo frenetico, l’opposto dello che bramo con cada foglietto della mia cronistoria scritta. ‘Sì mi par contrappasso, ad oi che giaccio catenato ‘n un fugiglio d’apatica refrattarietà al più divino de’ sentimenti, coi mie’ squallidi tentativi d’apporre una controprova tangibile al mio attendere vano. Ben so ch’è vano, badisi, per quanto ciò non ponga attriti al mio esitare fianco l’uscio al minimo scalpiccìo che rammenta ‘l suo camminare. Quante lune ancora innanzi, a tentar di porre ‘n favella lo ch’arde sin fiamma in dentro, lo ch’urla sin voce ‘n cada silenzio obbligato? E l’unica quistione ch’ormai detesto di codesta tempesta è l’incapacità sempre più consapevole d’aver veduto carambolare via ‘n uno sbuffo l’unico ritmo di battiti ventricolari che niuno mai potrà ricreare. Sonnecchia tra le pieghe dei bracci ‘l ricordo malsano dell’inaccessibilità del passato e ‘l monito sfocato d’un ghigno appagato ch’ogni mane è esponenzialmente più distante.


Nota dell’autore: L’entrate del libello denominate, di seguito alla numerazione, come “appunti sparsi”, si riferiscono a riscritture – inserite molti mesi dopo la loro creazione nell’ordine cronologico adeguato del plico di fogli che chiamo agenda – di divagazioni, considerazioni, pensieri e riflessioni gettate su carta durante periodi in cui l’utilizzo dell’agenda non era fondamentale; tali appunti sparsi vivevano su brandelli di tabulati da buttare via, tovaglioli a grana spessa di locande della regione, paginette esuli di libri ch’ormai non possiedo più, e qualsiasi altro sostituto adatto alla narrazione cotidiana de’ mie’ garbugli, dei nulla e dei tutto.



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