TESTO
C’era una volta e c’è una volta ogni mattina
Quando, insieme all’Aspirina, bevo un sorso anche di te
Che, capovolta, resti avvolta in una rima
Col tuo sguardo da bambina pure in deshabillé
E poi, va beh, si fan le tre,
Saran tre mesi che non dormo e leggo i fondi d’un Moet
Ma forse è che, parlo per me,
Questo amore da vetrina implode in una bollicina
E non è seltz.
C’era il tuo niente indifferente a primavera
Quando, senza l’armatura, mi scagliavo dentro ai “se”
E, come sempre, un deficiente, per paura,
Codardia o anche sfortuna, non riuscivo a dirti che
È dal primo giorno che t’ho scorto
Che ogni giorno invento un mondo
Solo per quel nostro “se”
Ma, forse, è che, parlo per me,
Questo senso di conforto
Che mi tengo stretto al petto è retrouvaille
E c’era qualche briciola di quello che saremo
Dietro al cenno con la mano che ignoravi o forse no
E c’erano un cuscino, un cane, un calice di vino
Dentro al niente che dicevo e mi vergognavo un po’
Ché c’erano cent’anni nel profumo di cacao
E c’era anche un “ti amo” dentro al “ciao”.
C’era una volta e c’è una volta ogni mattina
Quando la serotonina prende il posto del caffè
E tu, nascosta dietro la tua parlantina,
A canticchiare una quartina sul Light Blue e il vin brulé
E, poi, va beh, sai già anche te
Ch’ascoltarti mi divelle, guarda tutte ‘ste farfalle
Ma, forse, è che, parlo per me,
Stare a scrivere novelle
Mentre piango a catinelle è un po’ cliché.
C’era una volta e c’è una volta ogni mattina,
Inchiodati a una panchina ad affinare il savoir-faire
E c’eran volte che nascosti tra le dita
Giocavamo con la vita, troppo seri o pour parler;
È dal primo giorno che mi accorgo
Ch’ogni giorno adesso ha un senso
E se lo ricordi dimmi se
Ti va di vivere quel giorno, senza sole né rimorso,
Un po’ in eterno, un po’ con me.
C’era qualche briciola di quello che saremo
Dietro al cenno con la mano che ignoravi o forse no
E c’erano un cuscino, un cane, un calice di vino
Dentro al niente che dicevo e mi vergognavo un po’
Ché c’erano cent’anni nel profumo di cacao
E c’era anche un “ti amo” dentro al “ciao”.


COMMENTO DELL’AUTORE
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ANALISI AI
“Vaneggiamenti” è una canzone che cattura l’essenza della nostalgia, dei sogni non realizzati e dei piccoli momenti che definiscono una relazione. Il testo, intriso di immagini evocative e di riflessioni intime, ci trasporta in un viaggio emotivo attraverso le memorie del narratore. Ogni verso è un pezzo di un puzzle che racconta di amori passati, di speranze non espresse e di quei dettagli quotidiani che, sebbene apparentemente insignificanti, costituiscono il cuore pulsante di ogni legame. Con una miscela di malinconia e dolcezza, la canzone esplora il senso di vuoto lasciato da un amore che, seppur presente in ogni mattina, rimane sospeso tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere.
“C’era una volta e c’è una volta ogni mattina”
Questo verso apre la canzone con una struttura narrativa classica, “C’era una volta”, che richiama l’inizio delle fiabe. L’aggiunta di “e c’è una volta ogni mattina” introduce un contrasto tra il passato e il presente, suggerendo che ogni giorno porta con sé una nuova storia o un ricordo. Questo crea un senso di continuità e di routine, dove il passato e il presente si fondono.
“Quando, insieme all’Aspirina, bevo un sorso anche di te”
Il narratore associa il momento quotidiano di prendere un’Aspirina con il pensare alla persona amata. Questo gesto semplice e quotidiano indica che il ricordo della persona amata è costante e integrato nella vita di tutti i giorni. L’atto di “bere un sorso di te” evoca un’assimilazione intima e personale dell’amato, come se fosse una parte essenziale della sua esistenza quotidiana.
“Che, capovolta, resti avvolta in una rima”
Qui, la persona amata è descritta come “capovolta”, suggerendo forse una prospettiva inusuale o una natura complessa e difficile da comprendere. “Rimanere avvolta in una rima” indica che questa persona è intrinsecamente legata alla poesia o alla creatività del narratore, come se fosse fonte di ispirazione. La rima rappresenta anche la struttura e l’ordine, contrapponendosi alla possibile confusione suggerita dalla “capovolta”.
“Col tuo sguardo da bambina pure in deshabillé”
Questo verso contrasta l’innocenza e la vulnerabilità (“sguardo da bambina”) con un’immagine di intimità e maturità (“pure in deshabillé”, che significa in vestaglia o abbigliamento intimo). La combinazione di queste immagini suggerisce una complessità nella persona amata, che è allo stesso tempo innocente e adulta, vulnerabile e sicura di sé. Crea un’immagine affettuosa e complessa della persona amata, sottolineando il fascino e la profondità del loro carattere.
“E poi, va beh, si fan le tre,”
Il tono colloquiale e quasi rassegnato di “E poi, va beh,” introduce una sensazione di familiarità e di routine notturna. “Si fan le tre” indica che il narratore è sveglio fino a tardi, suggerendo un’insonnia persistente. Questo verso stabilisce un’ambientazione temporale, evidenziando un momento di introspezione e solitudine nelle ore più silenziose della notte.
“Saran tre mesi che non dormo e leggo i fondi d’un Moet”
Il riferimento a “tre mesi che non dormo” enfatizza la durata e la gravità dell’insonnia del narratore, suggerendo un periodo prolungato di stress o angoscia. “Leggo i fondi d’un Moet” è una metafora che richiama la pratica di leggere i fondi di caffè per predire il futuro. Tuttavia, qui è applicata al fondo di una bottiglia di champagne Moët & Chandon, che indica sia il consumo di alcol come una forma di coping sia un tentativo di trovare significato o risposte nel caos della propria vita.
“Ma forse è che, parlo per me,”
Con questa frase, il narratore introduce una riflessione personale, suggerendo che sta esprimendo un’opinione soggettiva. “Parlo per me” evidenzia l’introspezione e la consapevolezza che le sue percezioni e sensazioni sono individuali e potrebbero non riflettere la realtà oggettiva.
“Questo amore da vetrina implode in una bollicina e non è seltz.”
La frase “questo amore da vetrina” evoca l’immagine di un amore superficiale, esposto solo per essere visto, ma non vissuto profondamente. L’uso della parola “implode” suggerisce un collasso interno, una distruzione silenziosa ma devastante. “In una bollicina” richiama l’idea di fragilità e transitorietà, mentre “e non è seltz” sottolinea che questa bollicina non è semplice acqua frizzante (seltz), ma qualcosa di più significativo e potenzialmente alcolico, in linea con il riferimento al Moët. Questo verso complesso riflette un disincanto e una disillusione rispetto alla natura superficiale del suo amore, che, pur apparendo bello e perfetto all’esterno, è fragile e destinato a disintegrarsi.
“C’era il tuo niente indifferente a primavera”
Questo verso introduce una sensazione di vuoto e indifferenza associata alla persona amata. La primavera, simbolo di rinascita e nuovi inizi, contrasta con il “niente indifferente,” suggerendo che anche in un periodo di potenziale felicità e novità, c’era una mancanza di reazione o sentimento da parte dell’amata.
“Quando, senza l’armatura, mi scagliavo dentro ai “se””
Il narratore descrive un momento di vulnerabilità (“senza l’armatura”) quando si permette di esplorare ipotetiche possibilità (“mi scagliavo dentro ai ‘se’”). Questo implica che senza le sue difese, si immerge nei pensieri e nei dubbi su cosa potrebbe essere o cosa potrebbe accadere, un esercizio mentale che può essere doloroso e destabilizzante.
“E, come sempre, un deficiente, per paura, codardia o anche sfortuna,”
Qui, il narratore si autodefinisce “un deficiente,” attribuendo la sua incapacità di esprimersi a una combinazione di paura, codardia e sfortuna. Questa triade di motivi riflette una forte autocritica e un senso di frustrazione per la propria incapacità di agire in modo più coraggioso o fortunato.
“Non riuscivo a dirti che è dal primo giorno che t’ho scorto che ogni giorno invento un mondo solo per quel nostro “se””
Il narratore confessa che, dal primo momento in cui ha visto la persona amata, ogni giorno ha creato un mondo immaginario basato su ciò che potrebbe essere (“per quel nostro ‘se’”). Questa immaginazione costante sottolinea quanto sia pervasivo e potente il desiderio e la speranza che nutre per un futuro condiviso, nonostante non sia riuscito a esprimere questi sentimenti apertamente.
“Ma, forse, è che, parlo per me, questo senso di conforto che mi tengo stretto al petto è retrouvaille”
Con “parlo per me,” il narratore riconosce la soggettività della sua interpretazione. Il “senso di conforto” che si tiene stretto al petto viene descritto come “retrouvaille,” un termine francese che indica il ritrovamento di qualcuno o qualcosa di caro dopo una lunga separazione. Questo suggerisce che, nonostante la mancanza di comunicazione e l’incertezza, il narratore trova conforto nel sentimento di un possibile ritrovamento o riconnessione emotiva con l’amata, un’idea che lo sostiene anche nei momenti di dubbio e solitudine.
“E c’era qualche briciola di quello che saremo”
In questo verso, il narratore riconosce piccoli indizi o segni di un possibile futuro condiviso (“quello che saremo”). Le “briciole” suggeriscono qualcosa di minimo ma significativo, che offre una speranza o una visione di ciò che potrebbe essere.
“Dietro al cenno con la mano che ignoravi o forse no”
Il “cenno con la mano” rappresenta un gesto ambiguo di comunicazione. L’incertezza se questo gesto sia stato ignorato o meno (“ignoravi o forse no”) riflette l’incertezza e l’ambiguità nei sentimenti e nelle risposte della persona amata, creando un senso di vulnerabilità nel narratore.
“E c’erano un cuscino, un cane, un calice di vino”
Questa immagine evoca un’atmosfera domestica e intima, con oggetti quotidiani che rappresentano comfort e compagnia. Il cuscino può simboleggiare il riposo e l’intimità, il cane la fedeltà e la compagnia, e il calice di vino la convivialità e il piacere condiviso. Questi elementi delineano un quadro di vita semplice ma ricca di significato.
“Dentro al niente che dicevo e mi vergognavo un po’”
Il narratore riconosce che le parole che pronuncia (“il niente che dicevo”) sembrano vuote o insignificanti, causando un sentimento di vergogna. Questo indica una difficoltà nel comunicare sentimenti profondi, forse per paura di non essere compreso o di sembrare inadeguato.
“Ché c’erano cent’anni nel profumo di cacao”
Il “profumo di cacao” evoca memorie e sensazioni profonde e durature (“cent’anni”). Il cacao, con la sua connotazione di dolcezza e comfort, può rappresentare momenti preziosi e nostalgici, suggerendo che anche piccoli dettagli possono racchiudere una storia ricca di emozioni e passato.
“E c’era anche un “ti amo” dentro al “ciao”.”
Questo verso chiude il pezzo con una nota dolce-amara. Il “ti amo” nascosto dentro un semplice “ciao” indica che, anche nelle interazioni più banali o quotidiane, c’è un amore profondo e non espresso. Questo sentimento nascosto mostra la complessità e la profondità delle emozioni del narratore, che non sempre riesce a manifestarle apertamente.
“C’era una volta e c’è una volta ogni mattina quando la serotonina prende il posto del caffè”
La serotonina, noto come il “neurotrasmettitore della felicità”, viene messa in parallelo con il caffè, simbolo di energia e risveglio. Questo suggerisce che la felicità e il benessere psicologico (“serotonina”) sostituiscono il bisogno fisico di stimolo rappresentato dal caffè. La presenza dell’amata rende superfluo il bisogno del caffè, poiché la sua presenza stessa porta gioia e vitalità.
“E tu, nascosta dietro la tua parlantina, a canticchiare una quartina sul Light Blue e il vin brulé”
Questo verso descrive l’amata che, dietro il suo flusso di parole (“parlantina”), canticchia una strofa (“quartina”). La menzione di “Light Blue”, un profumo, e “vin brulé”, una bevanda calda, evoca un’atmosfera sensoriale ricca e accogliente, creando un quadro di intimità e comfort. Questi dettagli suggeriscono un momento di serenità e piacere, dove i sensi e le emozioni sono pienamente coinvolti.
(n.d.a: vedasi “Metaplasia“)
“E, poi, va beh, sai già anche te ch’ascoltarti mi divelle, guarda tutte ‘ste farfalle”
Il narratore confessa che ascoltare l’amata lo scuote emotivamente (“mi divelle”) e provoca una sensazione di eccitazione e felicità, rappresentata dalle “farfalle”. Questo verso esprime l’effetto profondo e quasi fisico che l’amata ha sul narratore, un misto di agitazione e gioia.
“Ma, forse, è che, parlo per me, stare a scrivere novelle mentre piango a catinelle è un po’ cliché.”
Qui, il narratore riflette sulla propria tendenza a romanticizzare e drammatizzare le proprie emozioni. “Scrivere novelle” rappresenta la creazione di storie romantiche, mentre “piangere a catinelle” indica un’espressione esagerata di tristezza. La consapevolezza che questo comportamento possa essere visto come un “cliché” mostra l’auto-critica del narratore, riconoscendo la banalità di tali espressioni emotive comuni ma sincere.
“C’era una volta e c’è una volta ogni mattina, inchiodati a una panchina ad affinare il savoir-faire”
“Inchiodati a una panchina” evoca un’immagine di due persone ferme, ma insieme, mentre “affinare il savoir-faire” indica che stanno migliorando la loro abilità sociale o comportamento attraverso l’interazione quotidiana. La panchina può simboleggiare un luogo di rifugio e di intimità dove avviene la crescita personale e relazionale.
“E c’eran volte che nascosti tra le dita giocavamo con la vita, troppo seri o pour parler;”
Questo verso suggerisce momenti di intimità e connessione profonda (“nascosti tra le dita”) dove i protagonisti “giocavano con la vita”. Questo gioco può rappresentare la spensieratezza e l’esplorazione di possibilità insieme. La dicotomia “troppo seri o pour parler” indica che a volte si prendevano molto sul serio, mentre altre volte parlavano solo per parlare, senza un obiettivo preciso, mostrando una gamma di interazioni emotive.
“È dal primo giorno che mi accorgo ch’ogni giorno adesso ha un senso”
Qui, il narratore riflette sull’impatto immediato e duraturo della relazione. Dal primo giorno in cui ha incontrato l’altra persona, ogni giorno ha acquisito significato e scopo. Questo verso enfatizza l’importanza dell’amata nel dare un senso alla vita del narratore.
“E se lo ricordi dimmi se ti va di vivere quel giorno, senza sole né rimorso,”
Il narratore invita l’amata a ricordare quei momenti significativi e a considerare di vivere insieme una vita senza rimorsi e senza bisogno di condizioni perfette (“senza sole”). Questo verso esprime un desiderio di autenticità e accettazione incondizionata, suggerendo che l’amore e la connessione sono sufficienti per trovare felicità.
“Un po’ in eterno, un po’ con me.”
Il verso conclusivo unisce l’idea di eternità con la specificità della relazione tra il narratore e l’amata. “Un po’ in eterno” suggerisce un desiderio di un amore duraturo, mentre “un po’ con me” porta questa eternità in un contesto personale e intimo. Questa chiusura bilancia il desiderio di una connessione senza tempo con la realtà concreta di essere insieme.

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Music and Lyrics by Marco Delrio
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