01/06/1924 – Ore 06:01 – #338
Ebbene, eventuale lettore ch’or quissà se’ giunto fin codesto momento tan miliare delle mie peripezie da essere mortale, mi dimando s’anche a Voi capitan ‘sì di frequente que’ dì com’il precedente ove tutto s’oscura e vien nero come mai prima, ove il guscio coriaceo che d’un roveto l’altro ha sempre espletato ‘l suo dovere e protetto lo che di dentro gorgoglia, nel bene e nel male. Que’ dì ‘n cui l’unica parola che par assecondare il mormorio famelico didentro è “fine”. Que’ dì che la brama di scappare fin l’altro capo della stanza, cangiar viso, conoscenti, passato e futuro, è talmente accesa che si necessitano misure talmente drastiche ch’oi casi mi par strano ch’ì sia lo stesso ch’ieri scoiorinava le sue insoddisfazioni su d’un pezzo di carta più giallo che bianco. In preda all’estasi delle parole della dottoressa Nauer, de’ recenti trambusti psicologici che mi son visto esplorare perfino ‘n quest’agendicola, della sete ch’ho di far dell’Arthur ch’ha patito lo che col cor non auguro a niuno d’intorno, ho gittato le mie ultime riserve di tabacco, ho cancellato tutti i programmi della mia agenda personale e mi son scagliato col naso sopra nuove pagine pe’ riscrivere tutto; ma sopra di tutto, mi par d’aver scorto una creatura dissimile da me nello specchio, stamane, ‘sì dissimile dal fanciullo ch’ancor albergava in fra le coste e ‘n ogni eco di gesto di cui permeavo il mio cotidiano. Cinque mesi del nuovo anno son corsi via sin che quasi m’accorgessi e tanto ho ancor da fare per tener fede alle promesse fattemi l’anno addietro. Tanto ho fallito e solo ‘l ciel sa quanto possa esserne grato e quanto debbo ancor miseramente fallire affinché le lezioni che le sconfitte han da regalarmi sian ben calcificate nel mio essere d’ogniddì. Quante volte mi son visto ricominciare e quanto ancora mi verrà di farlo, sin alcun dubbio alcuno. V’è un qualché di diverso, tuttavia, questo primo giorno di giugno, or ch’il sole par perdere un poco della timidezza che fin’ora ha sgocciolato qui e lì, sempre didietro d’un cumulo di nuvolotti commossi. V’è un qualché di particolarmente soddisfacente nel deseo di voler fermare ‘l tempo stesso e campare di questa fame di vivere com’avrei voluto fare ‘sì tant’anni addietro. Nulla m’ha di che interrompere ora ch’in fine par ch’il mio sentiero si stia aprendo dinnanzi coll’ostacoli ch’avrei voluto: alti, puntati e ‘sì ardui d’oltrare ch’ì debbo sin scuse ser qulacosa che fin’oi mai fui. E se ‘sì dev’essere, che sia, ch’or nulla ho di che perdere, in vero, tutto di che far tesoro.
Ore 07:48
Non so se i miei recenti contatti epistolari con Susan possano direzionarmi verso un qualché di ricostruibile con ella, per quanto mi trovi spesso a disegnarne i contorni possibili e potenziali; tuttavia, sto apprezzando le conversazioni leggere, le improvvise strillate del postino che mi consegna un altro aggiornamento d’ella e non nego d’essermi morso spesso la lingua – per quanto si possa fare colla penna – per evitare di invitare la signorina Rommer a un cordiale di persona ed essere rifiutato per l’ennesima volta. Sia ben chiaro, ne ha tutto ‘l diritto, considerato che ‘l motivo per cui la fiaba con ella ora giace ‘n fondo ai libri muffiti d’un carretto del mercato son stato io e ‘l mio sciocco narcisismo infantile ed esemplare. Credo, però, che tal prospettiva sin dimande da parte mia sia lo che rende ‘l tutto soddisfacente per entrambe le parti, le quali, non attendendosi nulla più che un mero scambio di ciarle per qualche minuto al dì, possono concentrarsi su lo che dà loro l’effettiva scarica di ottimismo e serenità che ‘sì raramente trovammo nella compagnia reciproca. S’ì bramo un’evoluzione? Quella parte insicura dell’ego ch’ha avuto di che favellare pe’ i trent’anni scorsi non la brama, la necessita. A me poco importa. Con ella, come con Juliet, Florence, Claudette, Eleanor e poche altre, ho cominciato ad apprezzare il calore che vien del saperle sane e soddisfatte delle loro traversate diarie. Che d’un boschetto d’ignavia n’esca un qualché di sostanzioso pure per il sottoscritto, s’avrà di che vedere; tuttavia, la fretta non porta mai risultati sopra la media e, di sicuro, non mi contento d’un qualcosa che la rasenta.

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