03/07/1923 – ore 18:42 – #4 – appunti sparsi
Mi fu chiaro fin dai primi bagliori roventi ch’il dì si sarebbe spento sul nulla, poscia l’attardarsi ebbro d’ier sera e l’ormai assodate ripercussioni che tali eccessi arrecano alle mie facoltà per giunta di lor natura ‘sì fragilotte ai repentini cangiamenti delle solitanze. Sto scarabocchiando qualche pensiero sul retro d’un tabulato consegnatomi chi sa quanto tempo addietro ch’aveo dimenticato e lassato morire stropicciato sul fondo della mia valigetta dell’impiego, più per forzar qualche paragrafo sin fine e scioglier un po’ dell’attrito piovutomi in dosso che per aver un qualché di che dire davvero. Oppure, ecco, ché ‘n vero vi sarebbe di che_epistolare per mesi continui sin sonno alcuno s’ì solo dessi suono e forma alle voci che per didento van picchiettandomi l’interno delle tempie e si fan largo fin le recchie. Su cosa blaterano debbo per vero ancora comprenderlo giacché paion voci d’altri, paion senni scagliatimi ‘n volto ma che tento imperterrito d’evitare con tutte l’abilità ch’il caso e l’esperienza mi concedono. Va’ ch’ora par che sian esse stesse a inchiostrare questo foglietto ‘n questa paradossale giostra di biasimo e promesse ch’infrango solo per ottenere un’opportunità d’inventare una nuova scusa sin capo né coda. Quant’è malsano e autodistruttivo ‘l caleidoscopico mio mostrarmi dinnanzi d’una piana riflettente cada mane coll’ira tra i canini ma la coda tra le terga. E, s’è concesso, patetico. Ch’infine, ebbene, mi verrò ritrattare pure tali illazioni riguardo, mi verrò sbeffeggiare lo ch’ero oi quand’il dimani mi planerà in grembo colle solite brillucicanti intenzioni. Ma nella stasi di questo autocommiseramento come potrei mai anelare a un cangiamento? Picchietta una scomoda e sbagliata piogerellina tiepida sul vetro dell’appannate, col sole d’un luglio ch’or mi pare sempre più crudele che mi scruta come se ‘l meteo assurdo fossa colpa mia.

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