12/07/1923 – ore 18:43 – #13
Ne’ dì com’oi, ove celere vago di fabbrica ‘n fabbrica pe’ completare tutte l’obbligazioni de’ mie’ clienti, d’un lato di Bolinthos all’altro, fin a Knighthill e d’in le parti attigue, sin tentennare come solgo sovente nell’ultimi periodi, ebbene, scorgo un tappeto di pacifica soddisfazione che ‘sì di rado riesco a sorseggiare con ‘sì tanta consapevolezza del momento; ho raggiunto la biblioteca di Vee, nelle prime ore del meriggio, per condividere con ella tale sentimento d’appagazione e tentare di contagiarla appena. Vee gestisce l’intera biblioteca Tworlds di Lylcoin, poco distante dal mio appartamento ‘n April Street; è un gigantesco edificio che s’estende verso ‘l cielo quanto verso ‘l nocciolo della stanza stessa. D’usanza, ella è sola nell’impiego ma non sono rare le comparse d’alcuni giovani volontari de’ circoli letterari di Lylcoin per qualche rassettata più attenta, qualche spolverata di rito e alcuni aiuti sulla catalogazione delle nuove entrate. Colla crescita esponenziale de’ circoli letterari e teatrali, di fatto, anche le pubblicazioni inerenti sono a dir poco triplicate e capisco quanto possa essere un’incombenza demoralizzante per Vee ne’ giorni ‘n cui ‘l convoglio le consegna l’aggiornamenti più recenti e l’inclusioni del caso. Nel mio piccolo tento di fare la mia parte, soccorrendola in tali attività quand’il tempo me lo permette. Solitamente, tuttavia, i nostri incontri son molto più confinati a visite e dialoghi di piacere che altro, sebbene il peso intellettuale de’ discorsi sia ben stimolante. Vee è un donnino di bassa statura, coi boccoli bluastri arruffati sempre puntati sulla cima della testa da un grosso spillo; porta due grossi occhiali fini che pare siano della stessa dimensione del suo visino delicato ma non privo di spigoli. Tende a ostentare il suo bel fisico con abiti stretti in vita e dai colori sgargianti, sin cadere fuori d’uno stile d’ogni modo sobrio. La vivacità di ciò ch’ha indosso par riflettere anche ‘l suo estro socievole e chiacchierino, sebbene non disdegni l’echeggiante silenzio e la solitudine usuale delle grosse sale della biblioteca. Stetti con ella poco più d’una ora, oi, sorseggiando un caffè appena bruciato ma dall’intenso retrogusto di cacao e discorrendo d’alcuni argomenti, in fine, non inerenti alle nostre vite private. Col senno di poi, mi rendo conto sia stata la scelta migliore: entrambi distinguiamo nel parlare dell’altro le varie sfumature d’emozione che ne indirizzano la scelta delle parole, il tono e la velocità di dialogo e, da tutto questo, riusciamo a discernere l’attuale stato d’animo l’uno dell’altro sin la bisogna di dover di fatto dimandarne delucidazioni. Per chiaro, tali giocolerie sono possibili quando non vi sono pressioni oltre ‘l normale che precludono ogni possibile altro argomento; oi fu uno di que’ giorni ‘n cui ci siamo detti più che mai prima sin di fatto parlarne per vero.
Nota dell’autore: L’entrate del libello denominate, di seguito alla numerazione, come “appunti sparsi”, si riferiscono a riscritture – inserite molti mesi dopo la loro creazione nell’ordine cronologico adeguato del plico di fogli che chiamo agenda – di divagazioni, considerazioni, pensieri e riflessioni gettate su carta durante periodi in cui l’utilizzo dell’agenda non era fondamentale; tali appunti sparsi vivevano su brandelli di tabulati da buttare via, tovaglioli a grana spessa di locande della regione, paginette esuli di libri ch’ormai non possiedo più, e qualsiasi altro sostituto adatto alla narrazione cotidiana de’ mie’ garbugli, dei nulla e dei tutto.

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