L’alba si levò dolcemente svegliando teneramente Marcus che si era addormentato in posizione innaturale di fianco ai resti di una grossa libreria di legno scuro. Il corpo indolenzito ci mise un po’ ad obbedirgli e, sbuffando via gli ultimi rimasugli di sonno, perlustrò le rovine della biblioteca davanti a lui: la luce fioca del sole pastello filtrava dai molteplici squarci delle pareti crollate creando lame di luce polverosa. La polvere aveva cessato di svolazzare durante la notte e aveva creato un leggero manto sopra ogni superficie. Le pareti interne della biblioteca, scrostate e dai brandelli di tappezzeria pendente, sembravano biasimarlo per essere sopravvissuto alla distruzione. Marcus scrollò la testa per scacciare via quei pensieri e l’ultime gocce di torpore. Con un sospiro rumoroso si mise in piedi e cominciò a schiaffeggiarsi gli abiti per scuotere via polvere e sabbia. L’orizzonte assumeva un cremisi più tenue a ogni passo che l’uomo faceva nella sua direzione e questi ultimi erano l’unico suono innaturale tra le strade deserte. Non era inusuale che il suo sguardo si soffermasse sui detriti delle case, degli edifici, delle piazze e delle intere strade, cercando di ipotizzare cosa avesse potuto ridurle in quello stato. Eppure, nulla pareva condurre a una fonte, a una ragione, a una causa. Solo desolazione e rovina. Marcus s’alzò il bavero del cappotto per contrastare alcune folate selvagge. Per quanto odiasse il vento freddo, quello era il segno che ormai si trovava nella periferia di quella che una volta era Neverleaf, la città dove aveva trascorso un paio di decenni molti anni prima. Dalle montagnole di mattoni rossastri che una volta erano le porte della città poteva già scorgere il piccolo accampamento che aveva stabilito qualche settimana addietro.

[Continua]

Arthur Parker, Marco Delrio

Marco Delrio

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