20/03/1924 – Ore 20:01 – #265
Torno a scrivere dopo quattro lunghi giorni in cui tutto lo che son riuscito a concludere è stato dormire e delirare coll’occhi aperti, fra uno spasmo di tosse e ‘l perenne mal di testa. Trovo sempre fascinante come, poscia l’inferno traversato, il corpo va’ ristabilendosi in la maniera migliore possibile e, anzi, col deseo di far più di prima. Durante il fine settimana la mia temperatura corporea non ha cessato d’aumentare, la tosse s’ha fatto più persistente e violenta, ignorando ogni rimedio ch’il dottore, Ada e la mia esperienza m’ha costretto ad adottare per placarla. Colle ore, il cerchio alla testa s’è mutato ‘n forti crampi che della nuca zampettavano aritmici fin le tempie, facendomi detestare perfino la caciara accelerata del sangue ch’iva battendo ‘n ogni lato del cranio e che non sapevo come zittire. L’occhi han lacrimato pe’ molte ore, sovente a seguito della tosse asciutta e sforzata ch’usciva sin controllo. I mie’ unici tragitti son stati li del letto alla toeletta e di lì alla poltrona, usualmente con qualche bollente bevanda in mano. Oramai ho avuto modo nell’anni di comprendere l’approccio ottimale in questi casi, sebbene talvolta non sia applicabile per vari motivi obbligati o circostanziali. Debbo fermarmi dal fare qualunque cosa, ben lo so, chiudermi nel mio appartamento rabbuiato dalle serrande casi completamente chiuse, coll’appannate appena scorte pe’ accettar un rivoletto d’aria fresca continuo, debbo evitar ogni maledetto vizio ch’ancor m’ostino a cercare perfino ‘n que’ momenti – sebbene in codesto caso, debbo riconoscermi d’aver ottimamente ottemperato a tale punto – e pazientare. E quest’ultima_attività è faticosa quanto l’altre per me e per chi ormai sa come strutturo le mie giornate e l’intero mio vicendar nell’anni. So ch’anche ora non mi trovo nelle condizioni ideali per incipire novamente tutte l’attività dove l’avevo lassate qualche dì addietro ma, solo il fatto di prender tra le dita la penna e gittar sul foglio queste parole mi fa comprendere che, talvolta, perfino un inciampo tale come può esser un malanno stagionale del genere, aiuta a riporre ‘l tutto sotto prospettiva dissimile. Vi sono alcuni aggiustamenti, di fatto, ch’intendo portare alle mie agendicole schedulate ai quali son rivato durante questa degenza moribonda – chiaramente iperbolico in tal caso – e che conto d’implementare fin dalla mane ch’arriverà ‘n poche ore. Come prima, novamente prima, e più fondamentale che mai, debbo costringermi al limitare la mia attenzione diaria a un solo argomento, eccetto per chiaro le implicazioni lavorative, in modo da non aver dinnanzi dieci sacchi aperti e solo due mani per svuotarli poiché in tal caso ormai ho veduto, provato e riveduto ch’in fine le lune scorron sin ch’un sacco sia almeno alla metà. Di questo modo, da quest’istante in avanti, per quanto fattibile ne’ limiti delle scadenze e urgenze impreviste o imprevedibili, mi limiterò a gestire per volta tanto quanto le mani posson fare. Essendo due braccia sole, le mie, con due mani sole, una attingerà d’un sacco – la Frontprice – e l’altra d’un altro, in codesto momento, con buone probabilità, la stesura di un manoscritto oramai in fase di completamento. Ben so ch’in questo modo avrò di che ricalibrare alcune calendarizzazioni già poste per l’anno corrente ma credo che la sequela di traguardi completati possa agire come l’ennesimo focherello motivazionale ch’a volte deficito fin allo stremo delle mie riserve. Una parte di me, in questo momento, sta dimandandosi se v’è ancora un velo di febbre e delirio in lo ch’ho scritto stasera. Che poi, s’anche fosse, chi se ne dovrìa importare, mi dico.

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