LIQUIRIZIA
05/08/2020
Ho visto cieli neri aprirsi a un nuovo sole
Speranze naufragare in un mare di forse
La fretta e le corse aspettando un come
In un silenzio che mi ricorda invano
Ché se solo potessi ti lascerei andare
Ti ridarei alla vita che non puoi lasciare
Se solo sapessi, io, dopo, come fare
Reinventerei ali per ricominciare.
Pare una bimba che non sa parlare,
Che cerca in te il gusto dello stupore
Di una piccola carezza o di una tenerezza,
Ma è colore nel grigio di tutte le cose.
Il mondo crudele le si schianta addosso
Ci prova, si aggrappa, la precipita l’abisso
Col vecchio bagaglio che ha da portare
Che non riesce a tenere, che peso, che male.
Ché poi vorrei solo parlar del più e del meno
O del buonumore a stomaco pieno
E poi ritrovarti in un caffè al mattino
Nel pranzo che cucino, in una birra o un vino
I giorni migliori nelle piccole cose
In un foglio di carta, le volte, la notte.
Che fatica fermarti adesso, sfinita,
La faccia contrita, di chi ha ancora perso.
Mi prendo per mano, ché va tutto bene
Ma non ho più il sorriso, né chi me lo chiede.
Non so se lo merito, di esser felice
E non so se capisce chi mi contraddice
Ché t’avrò con me fino a non respirare
E morirti addosso
E non stare più male.
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“Liquirizia” è un tentativo di produzione di poesia che ho sperimentato ormai quasi quattro anni fa. A quanto pare non volevo a darle nessuna connotazione rosea e ottimistica, il contenuto voleva essere struggente e ci è riuscito in pieno.
Dalla composizione di “Prima” era già passata qualche settimana e ho fatto qui un secondo tentativo di traduzione delle emozioni in parole che non ritengo riuscito, o almeno non come l’avevo immaginato. Avrei voluto qualcosa di più evocativo, mentre il risultato è stato una pioggia di macigni che invece di lasciar navigare il pensiero lo trascina fino ai piedi come una zavorra.
Comunque, da qualche parte bisogna cominciare.
Porte aperte a tentativi, suggerimenti e idee, sempre!



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