Cronache da Ficogramo #0

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Preambolo

Nel mio primo tentativo di scriv…oh, scusate, ciao! Benvenuti. Dicevo, nel mio primo tentativo di portar alla luce le vicende paradossali del piccolo borgo di Ficogramo, dei dintorni e dei posti ad esso avulsi, ho edulcorato e strappato licenze poetiche fuori del dovuto, esagerando e perdendomi in calembour e altre parole difficili senza prestare molta attenzione né al testo né a quello che stavo effettivamente scrivendo, finendo per compilare una racconta di raccolti, così la chiamai, e pubblicandola sotto falso nome molti anni addietro col titolo di “La Sostenibile Pesantezza dell’Avere”. In tutti questi anni ho avuto modo di riconsiderare l’accaduto, pentirmi e riscrivere il tutto, seguendo per giunta il testo fonte originale, cosa che non ho fatto molto durante la prima stesura. In questa nuova versione aggiornata, approfondita e corretta, mi assumo ogni responsabilità di editoria e, appresso a questo preambolo, vi introduco come m’è consueto fare alle vicissitudini cronacate di quei fatidici anni di scoperte e di situazioni apparentemente ilari ma che poi meh.

Glodio Lupiscattoli

Colbalzo, 14 luglio 2009

Sono stato svegliato nella notte da un rumore più che sospetto, come se qualcuno avesse fatto rompere un uovo, facendolo precipitare giù per il tubo della grondaia e che, per una combinazione di tempistiche provvidenziali, sia atterrato sul procione di turno che in quel momento stava scavando affamato tra i rifiuti scarni del bidone della spazzatura nell’angolo del mio cortile, il quale – il procione, non il cortile – spaventandosi, sia rotolato goffamente fino al cespuglio di more e filo spinato. Un rumore inconfondibile, soprattutto per chi, come me, ha sempre detestato i procioni di turno. Sta di fatto che scendo dal letto, attento a non inciampare nel ponte levatoio del mio letto a castello e mi avvio verso la grondaia, seguendo la dettagliata mappa che zio Gustavo mi lasciò in eredità pochi mesi orsono. L’idraulico ha installato, qualche anno addietro, una porta per entrare direttamente nel condotto di scolo quando gli feci notare che il progetto che stava seguendo per la costruzione delle mie tubature era stato stampato con i metri al posto dei centimetri come unità di misura. Ora, infatti, mi ritrovo con una grondaia di 14 metri di diametro che parte dal tetto alla quale è precariamente ancorata e scarica acqua ed erbacce ad Ancona. Non è mai stato un problema comunque, almeno per me. Il sindaco di Ancona non la pensa nello stesso modo. Mi infilo le ciabatte e di soprassalto mi ricordo di non aver mai comprato ciabatte; rimuovo, allora gli avanzi del tramezzino di ieri dai piedi e giungo scalzo fino alla grondaia. Si percepisce un forte odore di procione inquieto e di uova crude, proprio come sospettavo. Busso alla porta che porta alla grondaia che gronda. Nessuna risposta. Il che non mi dispiace: non saprei come reagire se una voce, da dentro, mi chiedesse “Chi è?”. Entro e ruoto il capo a destra e a manca tentanto di scorgere qualcosa. Nulla, è tutto buio. Per fortuna, l’elettricista ha installato una lampadina di due metri. Faceva parte della ditta dell’idraulico. Alla luce abbaggliante dell’enorme pallone di vetro ronzante, tutto pareva normale: il tipico aspetto dell’interno di una grondaia da tutti i lati, qui una ragnatela appesa in un angolo, un’altra qui un po’ più in basso, là un vecchio libro appeso a un gancio da mattatoio, laggiù un nido di vespe di almeno qualche cubit…ehi! Un vecchio libro appeso a un gancio? Quale visione peculiare nella mia grondaia subaffittabile. Chi potrebbe mai aver gettato via un oggetto del genere in una grondaia? Certo, un po’ rovinato e rugginoso come gancio ma chiaramente ancora ben in grado di essere utilizzato come gancio. Decido di arrampicarmi per tentare di afferrarlo. Poi, invece, cambio idea e torno in casa. Chiudendo con forza la porta di metallo dell’ingresso della grondaia, sento un clango balzellante echeggiarmi alle spalle. Che sia Robocop? Mi volto di scatto. No, non è Robocop, non è mai Robocop. È, invece, l’attaccapanni del locale lavandario che ha perso un gancio. Toh! Cade a fagiuolo! E sia, allora, decido di tornare nella grondaia e recuperare quel grosso gancio. L’arrampicatura elegante che sfoggio senza sforzi mi permette di staccare il vecchio libro dal gancio, slogarmi un malleolo, o almeno credo, brasarmi mezzo avambraccio dal lato abbronzato, scivolare goffamente qualche metro più in basso per poi, con abile gioco di polso, appendere il gancio a un bullone sporgente e rompere entrambi più uno: il polso, il bullone e il gancio. Maledizione. Nella testa penso che ora dovrò attendere che un altro gancio appaia in una delle notti successive. Con varie aggrazziate capriole, solo in brevi momenti accompagnate da cigolii comici, ritorno nella parte usuale del mio appartamento col libello recuperato che ora mi fissa spaurito e giudicante. Più dei procioni di turno detesto i libri che t’osservano giudicanti. Crollo sulla mia preziosa poltrona di pelle color blu oltremare e accavallo le gambe, poco, però, poiché la destra, quella col malleolo in frantumi soffre sia il cavallo che il mal di mare. Allora m’alzo ma pure la sinistra ora fa le bizze e non ne so nemmeno spiegare il motivo. Ed ecco che ora litigano di nuovo. La destra ondeggia ancora sorretta da non so che polvere d’osso e la sinistra la deride dalla sua rigidità caporalica. Tra le due, io sto “in piedi” di fronte al camino a osservare biecamente il libro tra le mani e, con uno sbuffo fiabesco, ripulisco la copertina dal polverone che la soffocava. Non l’avessi mai fatto. Un tricheco antropomorfo s’alliscia la peluria del sotto pinna di fronte a uno specchio insanguinato d’una stazione di servizio. Recupero un po’ di polvere dalla mensola delle bomboniere e la rimetto sulla copertina. Apro e leggo la prima pagina: “Diario di Dario e Mario”. Sottotitolo: “Solo le Mongolfiere Possono Darsi delle Arie”. Sottosottotitolo: “Ma Vivranno da Palloni Gonfiati”. Nella mia perplessità puntinata, comincio a chiedermi se vi sia un valore economico per questo ritrovamento. Volto pagina e trovo una bellissima e arzigogolata firma molto leggibile. Perlomeno da chi l’ha fatta, io non ne riconosco nemmeno una lettera. Volto un’altra pagina.



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