Il Diario delle Vanvere Terapeutiche #233

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17/02/1924 – Ore 08:47 – #233

Sto tentennando, di fuori della Crosspath di Greenrice, ancora vestita d’una nebbiolina grigiastra e avvolta nei bisbigli timidi della mane festiva. M’allieta l’impiego ne’ giorni di festa, com’altre volte so d’aver ammesso ‘n queste pagine, d’un lato per lo sgombro delle calli, ‘n dì com’oi che fioriscono più di mercati e passanti che di carrozze frettolose, e d’un altro lato casi per il senso di realizzazione ch’il mio solingo impegnarmi di fabbrica ‘n fabbrica m’apporta nella mia ambiziosa scalata verso una potenziale promozione lavorativa. Vò considerando, nell’ultimi periodi, quest’obbligazioni qual fossero un giuoco, al quale dì per dì vo’ assegnandone obiettivi raggiungibili ma non semplici e distillando minute ricompense che ne estasino la continuazione. L’obiettivo di oggi è quissà il più arduo della settimana appena scorsa poiché intendo completare i tabulati di due giorni in uno solo. Ciò significherà acciuffare carrozze ogni poche decine di minuti e sacrificare alcune pause che spesso vo’ concedendomi. Tuttavia, ne profitto di poco orora preludiando il primo impiego della mane che catalizzerà l’inerzia necessaria e il mio seguente entusiasmo ormai giocoso. Nella lettura mattutina del viaggio verso Greenrice, un manualino di commercio e gestione delle risorse subordinate, v’ho trovato alcuni brandelli illuminanti ch’applicherò prima possibile e, succinto quanto riesco d’adesso, vo’ riassumendolo con un repentino cambio di prospettiva verso l’obbligazioni che mi vengon assegnate, tramutandole in opportunità. Debbo saldar nel mio pensare ch’il mio obiettivo non sia il completamento dei tabulati e de’ compiti ma, di contro, dev’essere l’acquisizione di altri tabulati e compiti di modo che possa completarne sempre più e sempre più eccellentemente.

Ore 13:35

Esageratamente ambiziose le mie mire cotidiane, mi vedo costretto, anzi, mi par sensato ricalibrare l’attività d’oggi e domani ‘n maniera più opportuna tenendo ben in mente i livelli d’energia rimastimi ‘n questo fine di settimana. Non son per nulla riuscito a completare nè meno la metà di lo che m’ero prefissato nel paragrafo precedente. Poco male. M’appare palese ch’il mio bene stare mentale non sia compagnato odiernamente d’una prestanza fisica adeguata. Ho imparato a non biasimarmi per i limiti umani e giustificati, oltre che giustificabili, ch’intercettano i mie’ programmi obbligazionali e so di dover mantener un approccio più che flessibile ‘n ogni dì dell’agenda. So ch’andrò a recuperare tutte l’urgenze nella giornata di domani, con il rinnovato entusiasmo che verrà partorito dalle prossime ore di ricalibrazione oggettiva e conseguente. Frattanto, mi par vi sia la bisogna quasi esorcizzante di spendere più tempo ‘n questi foglietti, più per un ottenere quel senso di raggiungimento e completezza che l’impiego, oi, di giro pe’ la contea di Greenrice, non m’ha apportato. Quissà debbo anche stimolare alcune recondite intercapedini polverose del mio impiego quantunque gradevole. Mi verrebbe di parlar un poco di lo che in fine sono alcuni dei prodotti e de’ materiali che mi vedo studiare ‘sì a fondo giorno dopo giorno e, rendendomi conto d’aver spesso utilizzato tanti vocaboli che vo’ dando pe’ scontati, casi preme la bisogna che vi sian frammenti d’un glossario esplicativo perfino in queste pagine di me, ove per bene conosco lo di cui si parla, anzi, or più che mai. Ebbene, di volta in quando, mi vedo menzionare vari tipi specifici di carburanti, spesse volte perfino includendo in tal definizione pur alcune miscele d’ingredienti. Comincio dal principio, però, pigliando un termine frequente come i carburanti a secco o, come vengon denominati da lor che lo fan di mestiere, i carburanti duri. Essi si distingono dall’altri per ovvie cagioni che ‘n credo sia necessario anticipare e che saran ben deducibili di seguito le mie profondite esplicazioni. I carburanti a secco sono i più richiesti e più popolosi tra i depositi cui dedico l’ore. Questi vengon ottenuti principalmente da fonti minerali quali la torba, residui sedimentari di alghe carbonizzate, la rara polvere fotoattiva d’alcune zone settentrionali della Britannia e il carbone. Il processo d’estrazione e raffinazione di tali preziosi materiali è tanto vario quanto l’origini che ne giustificano la presenza. La torba è nulla più d’un materiale organico cumulato per milliaia d’anni di fondo di terre paludose, fitto di tracce carboniche e sfoggia un considerevole potere calorifico s’essiccato come di dovere. La torba, tramutata per lenti combustioni prive d’ossigeno, diviene un carburante solido e compatto, sovente stoccabile in lo che paion piccole piastrelle scure, che brucia d’una lentezza prediletta pe’ riscaldamenti individuali o di media scala, a fronte d’apparecchi adeguati, e pe’ l’alimentazione d’una grande parte dei veicoli a vapore d’ambito industriale di piccola scala. Vi son poi i residui sedimentari di alghe ch’in gergale tecnicismo vengon denominati àlgimeri. Essi son frutto dell’antiche esistenze acquatiche, compresse e cangiate dallo scorrer dei secoli; vengon estratte dai fondali marini e dal letto d’una gran quantità di fiumi, entrambe risorse non scarse nello stato. L’àlgimeri offrono, a seguito del lungo processo di raffinazione, eccellenti proprietà combustive, sebbene di breve durata coll’effetto collaterale di gran vista positivo dell’assenza – casi – dell’emissione di fumenti tossici o malsani. Molte ricerche riguardo son di fatto embrionali e scarse di sufficienti riscontri soddisfacenti. A seguire, v’è la polvere fotoattiva che viene estratta dalle profonde miniere dell’inospitabile zona settentrionale della Britannia – irò precisandone i lochi mano mano ch’ì pure l’apprendo. La peculiarità della polvere, grattata via de’ depositi sotterranei di scozio e stenio, minerali dissimili solo per le sfumature colorate che lassano emergere, è la di poter immagazzinare – per quanto non apprezzi tale termine – minute quantità di luce solare, appostamente coinvogliata ‘n essa, rilasciandola durante poi il processo di combustione, ch’ovviamente viene iniziato, agevolato e  fatto perdurare grazie all’aggiunta dell’ingredienti di correzione e raffinazione di cui parlerò un dì seguente, producendo frattanto un calore intenso e duraturo. Il processo è dispendioso sotto tutti l’aspetti in quanto la materia prima è rara e difficile d’estrarre poiché deve ser grattugiata via delle rocce simbiontiche, l’ingredienti di raffinazione per tale combustione non son pochi e non son ‘sì facilmente reperibli e, inoltre, se ne richiede una grande quantità pe’l funzionamento de’ motori. Di canto suo, è una fonte d’energia di qualità superiore, chiamo necessario questo, e viene per tal motivo impiegato in una nicchia di macchinari di precisione di varie fabbriche di grandi dimensioni e, sovente, nelle camere di combustione delle aeronavi. Infine, per quanto non credo debba dilungarmi più di molto riguardo, il carbone, principale fonte d’energia ormai da secoli, viene estratto dalle vene sotterranee lungo tutte le regioni della Britannia, segue ‘l consolidato processo di raffinazione e, secondo le disposizioni e preferenze d’ogni azienda e marchio che ne ridistribuirà il contenuto, viene trasformato ‘n stecche, pallotte, ghiaia, selci e lastre di variegati aspetti, profumi e gradi d’efficienza. Le gare all’ottimizzazione del carbone paion essere sempre le più accese, vuolsi per la facile reperibilità dei depositi, vuolsi per l’accanimento ormai orgoglioso di tante fabbriche ch’han fatto del loro prodotto finito a base di carbone sempre più efficiente e a buon prezzo la loro coccarda scintillante.

Barili di polvere fotoattiva grezza, Britannia, 1924


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