28/07/1923 – ore 05:31 – #29
Par si viva d’attesa, d’intenzioni e dell’attesa delle stesse. Poco vo’ trovando nell’attuazione concreta verso la realizzazione di tali e dirittura ‘ncor meno quando l’atto ‘n sé dell’attendere, baluginato ‘n eccessi di speme, picchietta d’un lato l’altro ‘n balia de’ moti esterni. Ch’allora si sia nulla più d’un ninnolo inanimato e casi immondo sin scopo, con quel barlume di coscienza contradditoria e superba che d’ella si convince per mera debolezza a ser in procinto d’una muta finale e sublime? Ma quanto poi van cangiando le mire private dell’inerzia? Mira le rocche che sì, per vero, van dissimili col tempo, sin moti, favella o ‘n direzionar dell’arti; ma ‘l_lor cangiare s’ha da vedersi come lento erodersi all’azioni d’altri che fanno o al meteo, che sin favella fa. ‘Sì mi pare l’uomo, ch’attende e prega, temporeggia e desea, già decesso poiché non vive quel presente dei presenti, ma elige, o v’è capitombolato per cagioni discutibili, ‘n un esistere d’un sogno che ‘n può per meno saper di bisognare. Tale implicazione situazionale non vuole ser aborro o abolizione del desiderio, di meno ‘ncor del sognar da sveglio e lucido, fintanto che tali sian per elli uno spunto e un passetto ‘n discesa, per direzionare i gesti di conseguenza colla mira ultima d’una qualsivoglia realizzazione concreta. Cogitare sin agire, per me ‘n si addice nemmeno al filosofo, allo scrittore, al politicante, al funzionario religioso e allo studente. Datisi sufficiente tempo di riflessione, che sia impresso un passo verso lo che s’acclama opportuno o necessario. Si vedrà di lì l’accostumarsi di nuove percezioni conseguenti, ispiranti, e logiche, quel momento ‘n cui il cagionar diviene propedeutico e complementare. Si potrebbe, allora per dire, discutere d’attesa attiva e seguente inerzia premurandosi d’elidere la speme ludica o pleonastica, sebbene, pur in tal eccezione, l’ideale è ‘n privazione assoluta e soppressione forzata d’essa. Vari casi difensivi della speme mi vagan per le mani che ‘n vo’ discuter ora. Si badi che sperare, sognare e desiderare posseggono implicazioni e semantiche ‘sì vaste ch’al momento, al brilluccicare di questa lampada, non posso esplicare per lungo come vorrei. Continuo. Come molti altri processi d’apprendimento, talento o affini, tale evoluzione per un’attesa attiva dimanda un perpetrato fallire e una consolidata intramontabile consapevolezza dello stesso ove, per natura e logica, l’individuo tenterà a estrapolar alternative piacenti.
Ore 17:02
Sull’esposto precedente s’han da chiarire molte interpretazioni che sovente conseguono meramente le scelte di dialettica, costretta dallo stile e dal mio celere scarabocchiare che tendo a prediligere ‘n casi com’appunto di prima, come_esorcizzazione o, per vero, parvenza fedele dello di dentro. Col tempo, quissà, verrò la nascita d’una sorta di neologismi adeguati.
Ore 21:35
Nulla più ch’aver [illeggibile] e l’uomo, sia per inteso a discapito di genere, s’ha da pittarlo qual incommensurabile e intangibile pienezza del tutto, sopito e imbrogliato ne’ suoi limiti di materia e fine – o dimande su d’esso. Scopo non necessario ma proponibile è il retrovaglio di tale tutto e la di sua applicazione, per scarsità di vocaboli migliori, materiale. Sebbene, si pensi solo come processo interiore, a istanti manifestabile infuori, per dialettica o carità. Ne vada della sua stessa intrinseca appagazione il risorgere del suo essere sempre di meno costritto. S’avrìa di che discorrere per eoni interi delle influenze e delle circostanzialità aleatorie e decisionali che s’ostenteranno come rivi da guadare o muraccioli di cocci di vetro ma non vò elencandone per lor palese chiarezza intuitiva. Date le variabili, certe per avvento e cangianti solo per gravità e costanza, s’ha da vedersi perentoriamente necessaria la lode alla tendenza all’oltre ire delli stessi ostaoli, sian essi naturali o artificiali; altresì s’ha da fomentare con veemenza lo sprono al ritorno – che sta ignoto fin il giungimento – a chiunque palesi barlumi d’aspirazione inconsueta. Lungo dal dentrar d’etica. Or prendo fiato, per fine, qualchesia ‘l motivo di tali perdizioni ‘n cotanta astrattezza vo’ tentando di comprenderlo ì per primo. V’è un foglietto or deturpato dinnanzi, i lati della palma paion sanguinar l’inchiostro che vo’ trascinando sin conto lungo [illeggibile] e ribelli briciole di tabacco nerito fuggono al mio spirare. Il desco è colmo d’un vociar de lo ch’ho da sbricare e m’urla silente dalle boccucce di carte di lettere, monete impilate sin ordine di valenza, e cartelle consumate alla spina nel punto ove le stringo colle mani correndo pe’ le strade. Vorrei chiuder l’occhi ora ma Lily par voler discutere d’un par di cosucce sue; le presto l’ultime forze.

CONTACT ME
Mail: delriomarco.md@gmail.com




Lascia un commento