Il Diario delle Vanvere Terapeutiche #223

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07/02/1924 – Ore 16:11 – #223

Stamane ha scorso sin fatiche particolari oltre l’accentuata spossatezza dell’ore di sonno stiracchiate tra un’emicrania pulsante e le membra deboli. La carrozza del primo mattino m’ha portato fin Farmhouse Avenue, ‘n una zona piuttosto abbiente di Bolinthos, peraltro satura di teste ‘n quell’ora pe’ i pendolari e l’avventori pensionati di giro per i mercanti. La bottega di tabacchi e suppellettili da pipa ch’aveo da indagare per uno dei miei clienti s’ha rivelato accogliente e d’un dinamismo contagioso, grazie pur dell’aiuto del proprietario, un ragazzotto alto con meno anni delli che mostrava. Non ne ho saldato il nome, tuttavia, nella memoria. Poco male, vi tornerò. A fine attività, mi son concesso anche una latta di tabacco da pipa che ‘n avevo mai visto prima sebbene ‘l costo ridotto me ne fa dubitare la qualità fin d’ora. Il secondo appuntamento della mattina è stato al Moore Shop di French Road, alle porte di Neckwood ma v’ho speso giusto qualche minuto poiché non possedevano niun ingrediente di quelli ch’avrei dovuto trovare e appuntare. Di lì ho puntato verso Lylcoin, sempre scarrozzato da un affabile cocchiere che solgo spesso trovare nei peregrinaggi verso il centro di Bolinthos. In Lylcoin ho recuperato una spedizione presso il centro di corrispondenza – un dispositivo a combustibile secco per la liquefazione dei commestibili molli, ch’userò per alcuni intrugli tonici tra l’altre cose. Di torno verso April Street, ho sostato pur presso ‘l King World Shop, l’emporio orientale che solgo perusare in tempi persi e d’esso ho acquistato un par di caraffe, simbiotiche pe’l maciullatore di zecca. Ada m’attendeva, o meglio, era già indaffarata, presso l’appartamento d’April Street e, dopo aver condiviso un delizioso pasto speziato, m’ho congedato per recuperare almeno mezz’ora del sonno di cui mi son privato stanotte. Un telegramma di Vincent mi chiedeva alcune specifiche per il viaggio di lavoro che mi vedrà assente di casa per i prossimi due giorni di cui esplicherò nel dettaglio ‘l tutto nelle giornate a venire. L’ho rispedito colle risposte adeguate e ho provveduto a preparare un baule da viaggio nella maniera più attenta possibile. Ada ha fatto un ottimo lavoro oggi, rassettando la che appare sempre come tersa e ordinata casupola, poiché sa ch’ho oramai un’accesa dipendenza dalla simmetria, dall’olezzi dei detergenti e dall’idea stessa di una disinfezione accurata delle stanze. Ne ho già discusso in qualche pagina precedente, ne sono certo. Come so che mi vedrò a rianalizzarne la cagione ‘n futuri foglietti. Il resto del meriggio non vedrà estasianti obbligazioni e svaghi, tanto meno ulteriori sortite che non sia l’eventuale improvvisa decisione di raggiungere la locanda di Mark; mi limiterò a scrivere molto, a riorganizzare le idee e il programma per i prossimi giorni e valutare se vi siano ulteriori flussi di pensiero degni d’accaparrarsi uno spazietto tra queste vanvere. Sopra di tutto poiché qualche vociar nella testa mi sta strillando confusamente un qualché proposito la mia tappa mattutina ‘n Farmhouse Avenue, nel quartiere ove solea travagliare Valerie finché l’ho conosciuta ma dubito che con l’effimere sensazioni nostalgiche che deturpano ‘l mio razionalizzare sovrumano possa cronacare nella maniera oggettiva che tal argomento si merita al giorno d’oggi. Pur ben so ch’avrei di che scriverne delle vicissitudini d’ella priori all’inizio di questa agendicola, d’altronde, checché l’eviti nell’esplicito, vò numerando l’entrate e i dì dietr’ella.

Farmhouse Avenue, Bolinthos, 1924


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