La piccola bottega, ora del signor Densey, era discretamente ampia, molto luminosa e accogliente. Il mattino al sorgere del sole si colorava delle tonalità più calde e tenui, quasi a voler risvegliare lentamente il luogo mettendo in moto poco per volta le attività della giornata. Al suo interno c’era una scrivania all’ingresso, un piccolo angolo di conversazione con tre poltroncine e un tappeto, e verso il fondo due grandi postazioni di lavoro, una di fronte all’altra.
Joy aveva personalizzato la sua con qualche esemplare delle sue creazioni finemente posizionato e un piccolo vaso di fiori freschi. Le ricordavano il profumo della montagna e della natura.
Quella del signor Densey era rimasta vuota, fino a quella mattina. Era arrivato in bottega con una scatola di cartone che conteneva del materiale da sistemare nel retro e una foto, scattata qualche anno prima e debitamente incorniciata, che lo ritraeva in un ricco paesaggio verde con una giovane donna.
Sistemò la foto sulla scrivania, avendo cura di cercare minuziosamente la posizione migliore, poi terminò di riporre tutti gli altri materiali al loro posto.
Joy stava preparando tutto l’occorrente per iniziare il suo lavoro e nel mentre gli rivolgeva sguardi silenziosi e frammentati, ammirando la cura con cui teneva tra le mani quella cornice. Avrebbe voluto chiedergli chi fosse quella donna, che esperienze avesse vissuto con lei, perché il suo modo di custodirla e curarla la incuriosiva molto. Decise di rimandare le domande al giorno in cui avrebbe avuto con lui confidenza sufficiente per non far sembrare inopportuna la sua curiosità.
Si limitò a un sincero “Grazie, questo thé era davvero ottimo”. Densey le rispose “Sono felice che ti sia piaciuto, l’ho assaggiato solo una volta ma è diventato il mio preferito. Arriva dall’India, l’ho ricevuto in regalo qualche settimana fa… Mi fa piacere condividerlo con te, Joy.
Quel calore familiare era l’ultimo sprint che le serviva, quella mattina, per cominciare a lavorare.



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