21/01/1924 – Ore 09:01 – #206
Riverhigh, stamane, m’offre un sole timido e assiderato che s’intona elegantemente alla tediosità dell’ultimi impegni ‘n scadenza cui devo dedicarmi per ottemperare alle richieste del signor Tinsteel. Ho sostato qualche minuto in una locanda sulla strada per rifocillarmi con una pasta dolce affogata in un lungo e nero caffè piuttosto delizioso e, nella bottega affianco, ho recuperato anche una lattina di tabacco scadente cui dovrò contentarmi avendo obliato il rifornimento durante i giorni feriali. Le domeniche, di fatti, la signorina Knowles le riserva al riposo e in tutta Lylcoin non vi sono tanti rivenditori di tabacchi buoni. E se vi sono, non saprei come destreggiarmi ‘ncora per le calli sin perder fin troppo tempo. Qui a Riverhigh debbo completare qualche compito assegnatomi settimane addietro ma non reputo di lassarvi più d’un’ora per poi mover verso valle ov’ho appuntamento all’Activa Corp di Therys, località che di rado frequento, sia pe’ l’effettiva scarsità d’operazioni rilevanti che pe’ l’acidula antipatia che lo stabilimento succitato m’ha sempre corrisposto. Fortuna vuole ch’abbia salvato proprio una mane festiva pe’ tali operazioni ‘n modo d’evitare, ‘sì spero, que’ personaggi a me scomodi ‘n dialogo e collaborazione. Vo’ tentando anch’oggi d’aggiornare le mie memorie ‘n pezzi di rilevanza sufficiente sebbene, a che mi rammento, non nacquero con tale scopo, ché pressante al principio fu solo la fame d’apporre ‘n iscritto la velata malinconia monotona ch’affligge ‘l camminar diario.
Ore 12:21
Ho ingurgitato frettolosamente un pan di patate e una chiara, tra una carrozza ell’altra, colla consapevolezza ormai elementare che mi sia d’uopo un repentino cambio di dieta, dato ch’i pochi pasti completi ch’attendo sono solo quelli conditi dal sociale. Mi trovo a Carville, al momento, ove non tornavo da quell’intervento autunnale per la Kryomont. Le faccende sbricate in loco sono state piuttosto semplici ma debbo tuttavia appuntarmi alcune frasi d’usar nel meriggio ‘n casa sui registri appositi; ho di fatto abbandonato alcuni tabulati compilabili nel portacarte dello scrittoio. Poscia l’avventura mattutina a Riverhigh, ho raggiunto Therys e, successivamente, Saeventh. La giornata si sta sgomitolando secondo i piani ma quissà m’attarderò più ch’ieri vista la quantità d’obbligazioni rimanentimi. Tra poche ore, Juliet salirà sul convoglio che la riporterà a Chasenut, come annunziatomi tramite l’ultimo telegramma e debbo pacificar coll’attender di scambiare novamente con lei qualche pinta e parola. Inoltre, il signor Tinsteel m’ha fatto recapitare una nota, persino oi ch’è dì festivo, ‘n cui confermava la necessità d’un mio intervento inventariale nella lontana Wedgeville, dimani. Non ne sono entusiasta ma, s’il mio proposito d’accelerar alcune tecniche burocratiche sarà fruttuoso, poscia ‘l primo sforzo in Wedgeville, mi si prospetterebbe una lunga produttiva giornata da gesticolar a mio grado. Al trattempo, mi dirigo a Chesterville p’altre due visitazioni concordate, ‘n tenzone colle palpebre piombate.
Ore 16:21
M’ho concesso un’ora d’ozio e svago, appena giunto ‘n casa, ‘n un bicchiere di vino bruciato e due movimenti al ludofono. So che debbo gittarmi ancora sulle cartacce dell’impieghi p’almeno qualche ora e ‘n ho opposto resistenze quando ‘l pensier m’ha strattonato verso un poco di quiete egoista. Il piacere che ne traggo è decisamente effimero, e quissà sin fini, ma la tenue ebbrezza etilica accelera l’orologi e vi son momenti ‘n cui vagheggio passin quasi mesi ‘n un tal respiro di nulla. Ma ‘n ognimodo, torno a lo che ‘n fondo m’aggrada, per quanto smorfio all’incipire. Debbo compilare molte carte ancora e la testa s’appoggia sin permesso sul dubbio se dovrìa doppiar l’ore di servizio di Ada, più per mio insano zelo ossessivo che per necessità. Quissà optare per una fantesca da fiancare ad ella. Casi per sfizio, oramai. Ma non credo di potermelo permetter, orora. A Chesterville ho sbricato ‘l tutto ‘n una mezzora scarsa e la carrozza di ritorno è stata celere. V’è una parte di me ch’ama l’impegno lavorativo durante la domenica, pe’ le strade poco usate, l’ovatta grigiastra e malinconica che s’appoggia al silenzio de’ giardini e delle botteghe serrate e pe’l volto differente ch’ogni luogo mostra quando non è calcato dalle folle obbligate. La fabbriche mi regalan volti nuovi, sebbene anch’essi tra il nero e ‘l bianco, simili alle canule di scolo infreddate dal mane. Resto convinto che la poetica del festivo settimanale sia pregio della comprensione di pochi, e non parlo della nostalgica, rurale e ripetitiva affezione che so di poter trovare ‘n ogni uno; ma del celato bisbiglio ch’un borghetto, una piazzola o persino un cascinale padronale esala ‘l venire della domenica, avulso dal solitare delle cose e dell’uomini. Quissà un dì ne profitterò pur io del ‘sì detto reposo, nell’inutilità d’un perpetuo garnire de’ doletti; or com’ora, però, tal giorno mi par solo altro giorno ‘n cui pedinare lo ch’ancora non sono.
Da “Il Diario delle Vanvere Terapeutiche di Arthur Parker”

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