22/12/1923 – Ore 17:05 – #176
Era molto tempo che non dormivo ‘sì tanto, sebbene per l’ovvi motivi di salute. Ho abbandonato le coperte alla settima ora del mattino, con una forte emicrania e un corpo che non rispondeva ai miei comandi; dopo il passaggio miracoloso del medico, son riuscito a recuperare un po’ di vitalità e, nel tepore ovattato del silenzio e di qualche candela, ho anche portato avanti alcuni lavori d’archiviazione. Ada è passata a portarmi qualche frutto di stagione e del pane fresco e nonostante la mia dieta di quest’ultimi giorni si limiti principalmente all’acqua, comincio a percepire qualche principio d’appetito. Buon segno. La sconvenienza di queste giornate menomate sta nel costringermi a posporre i mie’ calcolati piani di incontri lavorativi ch’ormai devo confinar a domani sperando d’aver sufficiente lucidità pe’ recuperar quest’ore improduttive. Eppure, nel paludoso e curioso esplorare ogni sintomo e reazione del mio essere a un’influenza del genere, mi son accorto ch’a volte debbo semplicemente lassar che passi ‘l tempo necessario per recuperare le energie dovute, sin fustigarmi se capitano persino tali dì di esistenza senza vivere. Sarebbe controproducente – e i’ solo so bene quanto ‘l controproducente è detestato – forzarmi nell’accelerar processi di guarigione e attività lucrative quan la testa poggia pesante s’uno stecchino. E quissà è modo corretto, orora, spender il resto di quest’ore a lasciar la mia forma sulla poltrona, col taccuino in grembo e la pipa a portata di mano. Quant’altri giorni a venire pe’ snocciolar il resto del fare.
Da “Il Diario delle Vanvere Terapeutiche di Arthur Parker”

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