Zu#3 | Il Potere di un Sorriso: Pochi Muscoli, Tanti Benefici

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Ci sono giornate in cui un sorriso ci riesce davvero a fatica. Ho avuto tanti periodi così nella mia vita, momenti in cui anche una banalità come un sorriso sembrava avere un peso enorme e richiedere uno sforzo insostenibile.

Oggi, con un pizzico della mia fedele scienza e questi pochi paragrafi che cercherò di mettere insieme, vorrei darvi qualche valida ragione per scegliere di abbozzare un sorriso anche quando proprio non vi va.

Il sorriso è da sempre e universalmente considerato un potente mezzo comunicativo. Per renderci conto di quanto questa affermazione abbia radici storiche davvero lontane, basta pensare che ne troviamo già riferimento in testi religiosi come la Bibbia.

Nell’Ottocento Darwin descriveva il sorriso come un meccanismo facciale per esprimere gioia e felicità, e constatava che era non era proprio soltanto dell’uomo, bensì un tratto diffuso tra molte specie.

Oggi sappiamo che produrre un sorriso equivale a utilizzare una combinazione di 12 muscoli del nostro viso: i due levator anguli oris (sollevano i lati della bocca), i levator labii superioris (sollevano il labbro superiore), gli orbicularis oculi (agiscono sull’orbita oculare), i risorius (che portano indietro le labbra), gli zygomaticus major e gli zygomaticus minor, che sollevano gli zigomi.

Il numero dei muscoli utilizzati in un sorriso può variare anche in base alla collocazione geografica. C’è dunque anche una differenza culturale: ogni popolo può avere un codice basato su diverse espressioni per sorridere e comunicare al proprio gruppo le emozioni positive.

Questa premessa è importante per illustrarvi un altro punto cardine di Darwin basato sugli studi effettuati dal neurologo francese Guillame Duchenne. Egli aveva constatato che i muscoli zygomaticus major e dell’orbicularis oculi rispondono a stimoli diversi: il primo obbedisce alla volontà, mentre il secondo è messo in gioco solo dalle emozioni. Ci sarà sicuramente capitato di sorridere non provando una reale gioia interiore che ci spingesse a farlo, magari per educazione o cordialità: ebbene, in questi casi il muscolo orbiculars oculi non viene coinvolto. Ciò significa quindi che è difficile replicare un sorriso «sentito» e genuino se non lo è davvero. Da qui nasce la distinzione utilizzata ancora oggi tra il «sorriso di Duchenne», quello spontaneo, e il sorriso di «non-Duchenne», di natura invece volontaria.

Il sorriso è in grado di generare effetti sia in chi lo compie, sia in chi lo riceve.Quando sorridiamo infatti il cervello rilascia in noi delle molecole chiamate neuropeptidi che aiutano a combattere lo stress, oltre a una serie di neurotrasmettitori come la dopamina, la serotonina e le endorfine. Le endorfine agiscono come un leggero analgesico, mentre la serotonina è un antidepressivo e la dopamina è coinvolta nel miglioramento della nostra capacità di svolgere svariate attività (cognizione, memoria, movimento). Sorridere può quindi aiutarci a riprenderci più velocemente dallo stress e a ridurre la frequenza cardiaca.

So già che la domanda che vi starete facendo è: deve essere per forza «vero» il sorriso per dare questi benefici?

E’ stato dimostrato che i benefici per chi sorride sono numerosi anche quando il sorriso è volontario e non spontaneo. I ricercatori hanno infatti provato che un sorriso «finto» può produrre nel cervello un’attività elettrica simile a quella generata da un sorriso spontaneo (Hennenlotter et al., 2009).

Offrire un sorriso volontario quindi innesca ugualmente emozioni positive, talvolta sufficienti persino a trasformarlo in un sorriso autentico.

Uno studio di Ed Diener e Micaela Y. Chan pubblicato nel 2011 ha mostrato che le persone felici vivono di più e godono di migliore salute. Altri studi (Davidson et al, 2010, Siahpush et al, 2008) hanno mostrato anche una potenziale protezione dalle malattie cardiache e da malattie croniche.

Se nel corso della vita dovesse capitarvi di svolgere un lavoro in team, sappiate che anche in questo contesto il sorriso può produrre tantissimi benefici. Che tu sia il capo o un componente del team, il tuo sorriso potrebbe essere molto utile ai colleghi. Uno studio condotto all’inizio degli anni 2000 ha dimostrato che sorridere può attivare uno stato d’animo positivo, promuovendo un comportamento altruista (Guègen et al, 2003). In modo simile, è stato dimostrato che le cameriere sono in grado di aumentare le loro mance sorridendo ai clienti (Tidd et al, 1978). Forse una cultura del sorriso potrebbe incoraggiare un lavoro di squadra efficace, con più colleghi disposti a dare una mano quando le cose si fanno impegnative o difficili. Lo ha dimostrato un altro studio che ha esaminato la percezione del feedback sulla prestazione lavorative dei membri del team in base alle emozioni comunicate del loro leader (Van Kleef et al, 2009). Quando il feedback veniva fornito con un sorriso e un tono ottimista, il lavoratore si sentiva motivato e sicuro, mentre il contrario avveniva quando lo stesso feedback veniva fornito con un’espressione cupa e un tono irritabile. Un sorriso può quindi dare un’impronta positiva al proprio feedback per un buon rendimento di squadra, mentre trattenere un sorriso può minarne l’efficacia e la reazione allo stesso feedback.

La review che affronta la tematica di questo e che ho preso come spunto per illustrarvi questo interessante argomento è stata pubblicata da Beamish et al nel 2019 sul Postgraduate Medical Journal.

L’ultimo interessante spunto di riflessione dell’articolo affronta i benefici su chi riceve un sorriso e il potenziale potere «curativo» in ambito medico e sanitario. È stato suggerito che sorridere aiuta i medici a costruire un rapporto con il paziente, contribuisce ad alleviare le loro ansie e infonde nel paziente sentimenti di fiducia (BMA News. Smiles: the best body language, 2015). In un altro studio i pazienti hanno riferito una maggiore fiducia nel livello di abilità del loro infermiere quando loro sembrava essere felice e sorridente (Wysong et al, 2009).

Il peso emotivo della malattia è a carico dei parenti, degli amici, ma anche e soprattutto pazienti. Un sorriso di una persona cara, ispirato dal tuo, potrebbe addirittura continuare lontano la «catena del contagio emotivo», arrivando anche fuori dalle mura dell’ospedale.

In questo articolo ho cercato di darvi qualche ragione per spingervi a fare un sorriso anche quando non vi va, considerando tutti i benefici, nei vari contesti, che questo atto può produrre.

Concludo citando le ultime frasi della review:

And why not extend the benefits to colleagues and perhaps even yourself?

Whether a smile is worth a penny or £16,000, to you, reader, this one is free ☺.

***

E perché non estendere i vantaggi anche ai colleghi e magari anche a te stesso?

Che un sorriso valga un centesimo o £ 16.000, per te, lettore, questo è gratis ☺.



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