Zu#1 | L’influenza della Componente Genetica sulle nostre Abilità Musicali

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Sarà colpa del mio amore per il cibo, ma una delle frasi sentite a scuola che ricordo meglio è attribuita al filosofo Feuerbach, che sosteneva che «Siamo ciò che mangiamo».
Oggi, leggendo qualche articolo qua e là sulle abilità musicali, mi sono chiesta «Ma saremo anche ciò che suoniamo?»

Ci è voluta un’attenta ricerca di articoli e pubblicazioni scientifiche di qualcuno che si è posto la stessa domanda prima di me per rispondere al quesito. Nelle righe che seguiranno cercherò di approfondire l’argomento e in particolare di raccontarvi come i nostri geni possono influenzare le nostre abilità musicali.

Partiamo con il definire due importanti concetti: cosa sono le abilità musicali e cosa sono i geni.
Le abilità musicali sono le strutture cognitive che ci permettono di operare sugli elementi di comprensione e composizione utilizzando il «linguaggio sonoro» (R. Deriu, 2000). Questa definizione può sembrare un pò difficile da comprendere, ma se ci pensiamo bene, come il linguaggio delle parole che utilizziamo per esprimerci e comunicare anche la musica è considerata un linguaggio, e quindi una «forma di espressione e comunicazione». Da piccoli abbiamo imparato a conoscere il linguaggio verbale e ad esprimerci, il che significa che il nostro cervello lo conosce, lo comprende e può elaborarlo. Ebbene, il linguaggio musicale funziona allo stesso modo. Lo conosciamo, ne impariamo le regole e il funzionamento e possiamo quindi elaborarlo e utilizzarlo.
E i geni?

I geni sono le unità funzionali del nostro DNA. Possiamo paragonare il DNA a un immenso manuale di istruzioni che contiene tutte le informazioni e le procedure che ci servono per il nostro funzionamento. Il DNA è quindi composto da diversi «capitoli», i geni, ciascuno contenente le istruzioni e le «ricette» per il funzionamento di tutti i processi biologici del nostro organismo, fino a determinare tutte le nostre caratteristiche.
Sui geni dobbiamo darci ancora due informazioni molto importanti. La prima è che sono la componente che viene direttamente ereditata dai nostri genitori. Quando vediamo in due fratelli una somiglianza, sappiamo che sono i geni a determinarla.
Oltre a questo dobbiamo tenere presente che per ogni processo non esiste un singolo gene responsabile, ma i geni interagiscono tra di loro, e soprattutto che i geni interagiscono con l’ambiente. Lo stesso gene in due persone che si trovano in due ambienti diversi potrebbe quindi non delineare la stessa caratteristica, proprio per l’influenza che l’ambiente esercita sull’espressione di quel gene. Allo stesso modo, individui geneticamente diversi in uno stesso ambiente potrebbero mostrare caratteristiche e comportamenti simili, come vedremo nei prossimi paragrafi.

Ci sono moltissime evidenze di come l’abilità musicale sia caratteristica comune nelle famiglie, dove quindi l’ambiente è condiviso tra tutti i componenti. Tuttavia, proprio perché questa dote si trasmette spesso nelle famiglie, suggerisce un forte legame con l’ereditarietà genetica. Per citarne uno, il famoso musicista Johann Sebastian Bach faceva parte di una famiglia (e di una discendenza) di più di 50 musicisti.
Un altro elemento che suggerisce l’influenza della componente genetica è il fatto che la musica sia presente in tutte le culture, indipendentemente quindi dalla condivisione di un ambiente comune.

Illustro di seguito una serie di studi su questo argomento, molti dei quali sono stati condotti su coppie di gemelli, proprio perchè geneticamente presentano molte similarità. Servirebbero molti approfondimenti scientifici a sostegno delle evidenze scoperte, tuttavia per non addentrarci in tecnicismi eccessivi e a cui sono avvezzi solo gli addetti ai lavori cercherò di rendere i paragrafi seguenti accessibili e fruibili a tutti.

Il primo studio che dimostra una discreta ereditarietà delle abilità musicali è stato svolto nel 2001 da Drayna et al. In questo studio, 248 coppie di gemelli sono state sottoposte a un test in cui dovevano riconoscere degli errori in alcune sequenze musicali. Ne risultava che l’abilità a riconoscere gli errori in fatto di melodia e ritmo era altamente condivisa e simile tra i gemelli.

Uno studio più recente di Hambrick e Tucker-Drob (2015) ha esaminato il punteggio ricevuto dai partecipanti allo studio in un concorso musicale e ha riportato un’influenza dell’ereditarietà del 26% sui risultati ottenuti, sebbene le comuni influenze ambientali spieghino comunque per la maggior parte l’esito.
Un altro studio condotto su 6500 gemelli ha dimostrato che i fattori genetici sono particolarmente importanti negli uomini (55%) per la realizzazione musicale nel corso della vita, mentre l’influenza genetica nelle donne era minore (13%) ma comunque presente (Wesseldijk et al., 2019).

Un altro studio sui gemelli, valutando la capacità di riconoscere le tonalità senza fare affidamento su un riferimento esterno, ha rilevato un tasso di concordanza assoluta significativamente più elevato per gemelli monozigoti che per gemelli dizigoti (Theusch e Gitschier, 2011). I gemelli monozigoti, a differenza dei gemelli dizigoti che si originano da due zigoti differenti, hanno origine da un unico zigote, e questo significa che hanno un patrimonio genetico identico.

Cito ancora due studi condotti negli ultimi tre anni che hanno mostrato che anche il tempo che le persone trascorrono ascoltando musica dipende da fattori genetici, sia negli adulti (16–46%) (Wesseldijk et al., 2020), sia nei bambini di 10 anni (26%) (Gustavson, Nayak et al., 2023).

Un’informazione importante che possiamo già constatare è che questo ambito di studi è soltanto di recente esplorazione, ma nonostante ci troviamo ancora agli inizi abbiamo già i primi studi su geni specifici emersi come rilevanti per i tratti e i comportamenti legati alla musica.
I risultati più importanti ottenuti finora sono le associazioni tra alcune varianti genetiche sul cromosoma 8q e la percezione assoluta della tonalità, così come tra il cromosoma 4 e l’attitudine musicale, l’accuratezza della percezione dell’intonazione e l’accuratezza dell’intonazione durante il canto (Park et al., 2012; Pulli et al., 2008).
Un altro gene sul cromosoma 12 è stato associato alla percezione della musica e alla performance di danza e ascolto della musica (Ukkola-Vuoti et al., 2011), mentre sul cromosoma 17 alcune varianti geniche ha mostrato correlazione con performance di danza, memoria musicale e canto corale (Granot et al., 2007).

Possiamo riassumere quanto illustrato constatando che che, pur essendo un campo «giovane» e di recente esplorazione, la correlazione tra la genetica e l’abilità musicale esiste e sarà sicuramente approfondita perchè i risultati ottenuti finora sono molto promettenti.
Questi studi ci ricordano anche, per fortuna, che la genetica non è tutto e un ruolo importantissimo è svolto anche dall’ambiente, che in alcuni casi può influenzare l’apprendimento delle abilità musicali più della genetica.

La review di Wesseldijk et al., 2023, di cui vi ho illustrato la maggior parte di questo articolo lascia, tra i tanti, uno spunto di riflessione e di studio molto interessante.

Ci si chiede infatti se esista un periodo dell’infanzia in cui gli individui sono più «sensibili» e recettivi per apprendere la pratica musicale. Un’osservazione comune è che i musicisti di successo spesso iniziano il loro formazione musicale in età precoce. Una spiegazione per questo è che potrebbe esserci un periodo «sensibile» della prima infanzia, durante il quale il cervello è particolarmente attivo e suscettibile alla stimolazione musicale. Tuttavia, potrebbe anche essere che i bambini con maggiori competenze musicali tendano spontaneamente a iniziare prima la formazione musicale, poiché questo è più gratificante per loro o sono più incoraggiati. In questo scenario, i fattori genetici contribuirebbero sia all’età iniziale di formazione e livello di competenze musicali, sia in età adulta. D’altra parte, la formazione musicale infantile viene spesso avviata dai genitori, con cui, ricordiamo, i figli condividono appunto i geni.



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