21/10/1923 – Ore 07:55 – #114
Credevo d’aver attivato l’allarme anch’ieri prima di coricarmi ma stamane, guardando l’ora, mi son reso conto d’aver riposato ininterrottamente fino a poco fa. Probabilmente è un bene, nonostante le prime ore del mattino, nella collosità omertosa delle tenebre di Lylcoin, riesca a trovar muse e stropicciate epifanie che fan le preziose nell’ore di luce. Eppure, quissà, meritar un sabato sin lo slancio dell’alba possiede i suoi benefici. Vo per monitorar proprio questo, lungo l’ore d’oggi. Lily si desterà a breve e credo che dedicheremo la compagnia alle poche attività ludiche che adoriamo entrambi, forse spersi un’ora anche nel vagabondaggio futile del mercato del paese. Ada verrà a rassettare le stanze e io comincio a preoccuparmi per la mancanza di lettere di Juliet: sono due settimane che non ho sue nuove e, per quanto Brickston sia distante molte contee, i nostri colloqui epistolari non impiegano più di due giorni a raggiunger l’un l’altro.

Ore 16:57
Nella beatitudine profumata ch’ogni passaggio d’Ada lascia fra queste stanze, mi trovo a gettarmi svogliatamente su qualche pratica di amministrazione, colla pila d’agende e registri avanti a me e queste pagine scribacchiate affianco. Nella perenne monotonia superflua che possono essere tali digressioni cotidiane, perché non compagnarle in resoconti minuziosi, sin fine o cagione? Sì vanno: tengo un registro da poco più d’un anno ‘n cui solito elencare ogni acquisto, spesa o credito. Durante le mie migrazioni regionali settimanali appunto su qualche foglio o sul mio blocco di note tascabile le transazioni della giornata e, ogni due giorni solitamente, aggiorno il mio registro e rivaluto i bilanci e le previsioni seguenti. Sto appuntando or ora le 5 corone e le due spade scialacquate qualche giorno addietro alla taverna ove ancora gioco d’azzardo. Sol spesa, ahimè. Aprendo l’agendina da viaggio e raccogliendo tutte le scartoffie inchiostrate che scordo nei cappotti, sto riesumando impellenze e note che, sinceramente, avrei scordato se non l’avessi appuntate. Non urgenze ma nemmeno obliabilità. Devo lasciare un messaggio ad Ada, di fatti, con lo che manca in casa de le necessità, per così dire, primarie. Ch’ho finito il Berbéris e l’Amaretto, sebbene inizi a sentir nostalgia del liquore all’anice che trovavo nei pressi della Crosspath Factory di Lylcoin. Poscia v’è una nota frettolosa che riguarda un documento mancante: Claudette, il giorno dell’intervento a Wedgeville, ha dimenticato di portar con sè l’autorizzazione necessaria per operare in loco e l’addetta della fabbrica glielo ha sgarbatamente ricordato in uscita, dop’aver presuppostone la presenza nell’archivio, sendo attività ripetuta e consona. Tuttavia, Claudette m’ha confessato di non essere in possesso di nessuna autorizzazione; il giorno stesso ho riferito l’intoppo burocratico al signor Tinsteel e, siccome non ho ricevuto più aggiornamenti riguardo, probabilmente lunedì prenderò l’iniziativa per evitare complicazioni future tra Wedgeville e la Kryomont. Lunedì, inoltre, secondo l’appunto seguente e appena rinvigoritosi nella mia memoria, ho da visitare la Landscape Corp. di Saint Maurice e contrattare futuri interventi con il capomacchine, vecchia conoscenza agrodolce dei miei tempi al Moore Shop di Wish Street. Se troverò tempi e voglia, mi dilungherò a proposito anch’in questo diario. Sul fronte fabbriche avrò da sbrigar, o se possibile delegar, una dozzina di telegrammi per l’ultimi stabilimenti dell’Activa Corp. ch’ancora non hanno aderito alla collaborazione con il signor Tinsteel e col signor Barweight. Inoltre, dovrei stabilire una giornata per dedicar tutte l’attenzioni del caso alla zona di Augustine e Glasspool. Il tragitto mi sconforta già desso ma la retribuzione promessami mi strattona a sufficienza per ingoiarne la tediosità. Scorrendo ‘l calendario, venerdì pare l’unica opzione fattibile, perlomeno per ora. Tuttavia, ora ch’il grammofono in balìa della noia di Lily sta invadendo senza pietà ogni pensiero, mi vedo costretto a scansare questa parentesi alquanto soddisfacente e tornerò a dedicarle qualche confronto.
Da “Il Diario delle Vanvere Terapeutiche di Arthur Parker”

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