14/10/1923 – ore 06:04 – #107
Ancora non ho compreso a pieno la causa dei mie’ quotidiani_incubi cui riesco a richiamar solo nebulosi frammenti una volta alzatomi ma che sgretolano l’integrità del mio rinomato sonno. Vorrìa attribuire biasimo a ‘l giovinesco mio anelare, tra l’uischi di troppo e il tabacco scadente, oltre ch’al annegarmi casi per gioco ‘n una pila di faccende ancor apparentemente inutili. Sta diffatto, però per ora, ch’affatico ancora alle prime mozioni della veglia finché scorbuticamente scaccio via ‘l tutto tra novi assilli. Oi parrà come due giorni ‘n uno, vuò per i necessari appuntamenti ‘n giro pe’ le fabbriche e per la collosità d’ogni gesto ch’ancor m’attrita. Tuttavia, ieri sera ho concluso qualche scritto pendente da mesi e la geometria residua del passaggio di Ada ha placato alcune inconsce sirene, permettendo una concentrazione con pochi eguali precedenti. Tali momenti scorron più celeri e cheti, consolidando un’accontentarsi della solitudine cui spesso mi costringo e, invero, apprezzandola, meritandole una necessità d’la qual poco spesso ne pensai degna. Sì, tale è il me che dibatte in parola e pensiero contr’al fondamento intrinseco dell’essere bestia. Sebbene, proprio per questo, sì lontano d’ogni bestia.
Vo’ per acciuffar il convoglio verso Greenrice, ora, co’ una vistosa camicetta ben stirata ch’aveo scordato d’avere. Lylcoin pare già co’ un piede nell’inverno stamane.
👆 Quest’è un breve esperimento ai limiti del teaser sulle prossime metamorfosi del diario di Arthur Parker. Son ben accetti commenti ed impressioni a riguardo!

Ore 12:34
Controvoglia e placido, ancora col sapor del pranzo che zompetta tra i respiri, colgo questi pochi minuti d’intraprendenza per scriver ancora qualche cosa sulle pagine di questo specchio di carta. Greenrice, in mattinata, respirava a fatica, avviluppata in una nebbiolina surreale e umida che non esperivo da molto. La tenue sonnolenza del fine settimana giocherellava tra l’inerzia dei passanti casi a farmi percepire d’esser fuori luogo e tempo, nel mio diligente costringermi al lavoro, sin oggi. D’arrivo, più tardi a Whogburg, ho deciso d’investire una moneta d’argento nella stampa e distribuzione delle locandine del mio pamphlet mensile, a metà tra ‘l gioco e la crescente fiducia che appongo nelle mie capacità di costanza; inoltre, punzecchiare un mercato sì saturo potrebbe ser un ulteriore strattone al mio mantra del far sempre più del dì addietro. Verrò ‘n futuro se l’ignorabili locandine che tappezzeranno migliaia di muricciòli in regione porteran frutto o pestilenze. Per ora, non resta ch’aspettare. Ed è stato da Whogburg a Saeventh ch’ì mi ritrovai a dondolare tra i rimasugli delle letture del mattino, rimuginando su quanto, me primo, storciamo ‘l naso al non sentirci compresi, ciechi e sordi su quanto poco proviamo noi a comprender l’altro. Com’ormai ogni cosa per cui val la pena discutere, sta tutto nel diario esercizio, nella coercizione di noi stessi, nell’umiltà del reimparare a camminare.

Da “Il Diario delle Vanvere Terapeutiche di Arthur Parker”
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