Il Diario delle Vanvere Terapeutiche #106

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13/10/1923 – ore 06:03 – #106

Ieri ho comperato una sveglia, di ritorno da Augustine; è una classica doppia campana a martelletto ma vi son contrazioni di contorno ch’il mercante non ha esitato ad elogiare, garantendone un’efficacia, in termini di volume e difficoltà d’arresto, senza precedenti – per quanto, nella mia sfocata gnoranza riguardo, paiono ornamenti sin scopo. Ammetto che, tuttavia, grazie a essa, sono riuscito a destarmi più di trenta minuti prima, evitando l’autocommiserazione del ritorno al controproducente sonnoveglia. Oggi miro a sguazzare tra le scartoffie accumulatesi ‘n questi frenetici dì ‘n giro per la regione per rispolverare la mia malconcia agenda e attenuare l’attrito ne’ eventi a venire. Po’ esser sia anche ‘l momento di recuperar la domestica ch’ho congedato più d’una settimana addietro, per il bene d’entrambi, entrambe le volte. Prima del mezzogiorno, attendo nuove da Alveynn. Il capomacchine del luogo, il signor Ian Breadrunner, nasconde la sua inflessibile esigenza dietro le risposte pronte e un indelebile sorriso fanciullesco, dovremo essere pronti e preparati per soddisfare le sue esigenze in maniera appropriata. Per quant’or vorrei dilungarmi in blatere poco informative, credo sia ‘l momento di incamiciarsi e destare pure la pratica; spulcerò qualche morso di Epitteto come rampa pe’ maggiore dinamicità.

Ore 17:22

Mane sin eclatanti informazioni da sciorinare in queste pagine: il signor Breadrunner e la signora Savin, a modo loro, m’han confermato gl’interventi prossimi presso le loro fabbriche. Anche da Overknow arrivano buone nuove sebbene abbia fallito di nuovo nel comprendere il nome della capomacchine del luogo. Rimedierò a inizio della prossima settimana. Domani mi vedrò costretto a recuperare vari appuntamenti data la mia ostentazione alla pianificazione perfezionista alla quale ho dedicato fin troppe ore, oggi. Tuttavia, ho recuperato Ada, la fedele domestica che m’ha compagnato lungo vari mesi, fors’ormai anni, a rimuginarci appena. Il palazzo, come le piace denominarlo, or spende a nuovo, seppur ancor intriso delli strascichi de’ mie’ attacchi di risistemazione approssimata. Ad Ada, però, non son dispiaciuti. Ada è una signora di mezz’età, consumata dai fumi chimici delle detergenze ma con barlumi sognanti ancora tintinnanti tra l’iridi appena grigie. Il costume gentile, l’arguzia educata e la corporatura sana la rendono ancora causa di teste roteanti pelle straduzze di Lylcoin. Nella breve interruzione di metà mattinata, tra un biscotto al burro e un caffé appena bruciato, abbiam divagato sul suo corrente altalenarsi tra dimora e dimore, le sue ultime letture poco ortodosse e ‘l suo palese bisogno di riposar le membra qualche mese; la piacevole conversazione morì bruscamente quando fui chiamato dal postino all’uscio che mi scaraventava addosso cianfrusaglie addizionali d’arrivo da Riverrun. Tornato ad applaudir a qualche zanzara in terrazza, ho ripensato molto a qualche rimarco di Ada che mi consigliava di non sperperare sì tanto tempo sul quotidiano ma di scriver delle vicende oltre l’ordinario che fin’or han puntinato ‘l mio vivere. Le ho spiegato, allora, la differenza tra diario e romanzo, tra biografia e sfogo, tra ‘l dentro e ‘l fuori.

Adalgise Ortensia Booch, 1923

Da “Il Diario delle Vanvere Terapeutiche di Arthur Parker”



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