«Va benissimo…»
«Ha una penna?» chiese il parrucchiere palpandosi le tasche.
«Non sono mica un gabbiano.»
«Mh. Ha una matita?»
«Eh, cosa sono? Un coccodrillo?»
«Perché? I coccodrilli hanno matite?»
«Certo! Nessuno sa che verso fa il coccodrillo perché il coccodrillo scrive! Solo che nessuno ci pensa mai a dar loro una matita.»
«E come comunicano tra di loro?»
«Non lo fanno. Vede che sono sempre fermi a bocca aperta? È perché non riescono a comunicare e allora non fanno niente, non riescono a mettersi d’accordo per una serata al bar o il calcetto del giovedì. Beh, tranne nel caso in cui non abitino nelle paludi vicino all’IKEA. Lì fanno scorta di matite.»
«Capisco. Lei si occupa di zoofilia?»
«No no, io studio animali per i cavoli miei.»
«Ah, anche ortolano?»
«Beh, di qualcosa si deve pur campare – come disse la capra sopra la panca.»
«E sotto?»
«Un macello, sotto. Il mio macellaio, infatti, costruisce delle panche per catturare capre.»
«Funzionano?» «Beh si, deve costruire solo la parte sotto della panca.»
«Arduo. Ne prende, capre?»
«Si, si, lui vive di quello. Sta anche provando a far crescere erba facendo campare dei cavalli ma con pochi risultati.»
«E dove li tiene i cavalli?»
«In un bicchiere. Un bicchiere grande.»
«Un bicchiere?»
«Giuro.»
«Ma ne ha messo terra?»
«Mezzo bicchiere.»
«Solo?»
«Beh, un bicchiere mezzo piano.»
«Pieno?»
«No, piano.»
«Cioè, lo sta ancora versando?»
«No, nel senso che suona mentre si versa.»
«Suona eh?»
«Glielo assicuro.»
«Melodia?»
«Cosa?»
«No, dico, che melodia…»
«Cosa le devo dare?»
«…ehm…un cavallo? Ha un cavallo? Vorrei viaggiare per il mondo a cavallo.»
«E non si stanca?»
«Io? No, beh, non è che lo cavalco. Sa, soffro la sella.»
«Capisco. Posso chiedere se il mio amico macellaio gliene può donare uno.»
«No, non lo voglio donato ché se poi per caso si mette in bocca il mio portafoglio non posso guardargli dentro e addio risparmi di una vita.»
«Lei tiene i risparmi di una vita nel portafoglio?»
«Si, ma non di questa. Di quella prima: ero un barbone.»
«Anche io lo sono stato qualche anno fa!»
«Poteva venire da me! Barba e capelli, venti marchi!»
«Venti marchi? Lei è tedesco?»
«No, colleziono marchi. Guardi qua,» indica la parete «Coca Cola, Fanta, Audi… tutti grandi marchi.»
«Lo vedo, sono enormi. Ma come li ha incorniciati?»
«Con cornici di marca.»
«E quelli lì tutti insaponati?»
«Sono marche da bolle.»
«Belli! Me ne regala uno?»
«Si ma solo se lei me ne procura uno uguale identico e dello stesso anno… e me lo incornica.»
«Mi sembra equo.»
«Non sono mica diventato ricco per niente.»
«Perché? Lei è ricco?»
«No, appunto, dicevo, non sono diventato ricco… mi mancava un pelo.»
«Ah…»
«Per questo ho aperto la bottega da barbiere. Cerco un pelo.»
«Non lo ha ancora trovato?»
«No. Ho trovato peli di tutti i tipi: peli che tirano più di un carro di buoi, peli di buoi, peli di peli – rarissimi – peliponnesi e addirittura pelicole – quei film che parlano della vita dei peli.»
«Come sono?»
«Noiose. Sicuramente non li vedrà mai al cinema.»
«Lei ci va, al cinema?»
«Si ma resto fuori. Pago il biglietto ma resto fuori.»
«Cioè?»
«Beh io arrivo in biglietteria, la signorina mi chiede che film voglio vedere e io rispondo “Faccia lei”. Lei quindi ne sceglie uno e io esco, aspetto che gli altri escano e chiedo com’è stato il film. Se non è piaciuto a nessuno mi ritengo fortunato di non essere entrato; se è piaciuto, invece, sono orgoglioso di avere il biglietto di un bel film.»
«Mh….»
«Solo una volta sono entrato per curiosità.»
«Come mai?»
«Trasmettevano il film “Faccia lei”. La storia di un uomo che aspettava che i film finissero per chiedere alle persone se era piaciuto. Molti deja-vu.»
«E come finiva?»
«Ah, non saprei, sono uscito prima perché stava finendo un film nell’altra sala.»
«Voleva guardarlo finire?»
«No, volevo chiedere opinioni, così sono corso a comprare il biglietto e ho chiesto recensioni veloci agli spettatori che uscivano.»
«La sua è quasi una forma di beneficenza.»
«Beh, tra beneficenza e deficienza il passo è breve e io ho le gambe corte.»
«Dice molte bugie?»
«Per forza. Sennò sarei un bugiardo.»
«Non fa una grinza…»
«Menomale, ci tengo alla mia pelle. È l’unica che ho.»
«Faccia come me.»
«La faccia come la sua?»
«No, si comporti come me: ogni tanto si conservi le pellicine delle unghie e del corpo, le mette tutte insieme su un tavolo e le cosparge di colla. Si crea una seconda pelle, così, per le emergenze.»
«Non saprei, non ho molto tempo libero, ultimamente.»
«Allora si ricopra con uno strato di cera e si faccia uno stampo.»
«Che Dio me ne stampi! Odio le candele.»
«Perché?»
«Beh, perché una volta cenavo a lume di candela e un ippopotamo entrò nel locale e sbranò il tizio seduto nel tavolo vicino al mio.»
«E la candela che c’entra?»
«L’ippopotamo mi ringraziò perché senza candela accesa non lo avrebbe mai trovato. Consideri che ora, quando ceno a lume di candela, uso quella della macchina.»
«Fa luce?»
«Beh, no, però se la mia ospite è meccanico fa sempre un certo effetto romantico.»
«Ma le posso fare una domanda?»
«Certo, sono qui apposta.»
«Lei fa il barbiere apposta per togliere domande?»
«Beh no. Era questa la sua domanda?»
«Beh no.»
«Allora vede che nemmeno lei è coerente? Me la faccia. Ma occhio al naso…»
«Come mai lei ha una gamba sola?»
«Oh, lo ha notato…»
«Si, ma per puro caso, vedendola il bilico per queste due ore di conversazione mi sono fatto due domande.»
«E l’altra qual era?»
«Che cosa ci fa un bilico nel suo negozio?»
«Arredamento post moderno.»
«Bizzarro. Il camionista era compreso nel prezzo?»
«Beh sì, ma lui non lo sa. È stata una tattica della moglie.»
tratto da “Gli Alieni non Credono a Noi” edizione imbruttita – Lupiscattoli, Delrio, (2023)



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