Alienazioni – “Contrapposizioni Taostiche o Quasi #2

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Daria, al contrario di Marzo, era una persona fredda: non amava stare con nessuno – cioè, amava stare con nessuno – ma non si riteneva misantropa.

Gli altri sì, gli altri, chiaramente la consideravano, misantropa, asociale, misociale e asantropa.

Tuttavia, la si poteva trovare spesso a limonare con tutti, pur detestando gli agrumi, solo per nostalgia del suo luogo natale, Limone, in provincia di Petting, il suo luogo vigilia.

Daria conviveva con il suo ego smisurato che non pagava l’affitto; così, un giorno, la donna decise di cambiare vita. Andò dal chirurgo e se la fece stringere. Dovette assumere un geometra per i successivi problemi di digestione ma, sebbene riuscì a superare qualche avversità alimentare, rimaneva sempre in conflitto con sé stessa.

Forse il tutto dipendeva dalla sua dipendenza: era dipendente, ne andava orgogliosa, lo urlava ai quattro venti, senza motivo.

Il suo datore di lavoro, di sicuro, non migliorava la situazione, ripetendole sempre «Sei una dipendente! Comportati da tale!»

Daria, allora, faceva la dipendente, sebbene indecisa di cosa: provò a sniffare latte in polvere, a fumare l’erba gatta e a fare l’eroina. Il disagio, però, era evidente: sia per il costume da Wonder Woman che le cadeva senza grazia ai lati della sua nuova vita da bambola anoressica, sia per gli starnuti di panna montata che attiravano orde di bambini affamati armati di piume.

Daria non era normale, e a questo punto, è anche evidente.

Come se non bastasse, si lasciava sempre condizionare da quello che la gente le diceva o diceva di lei, non riusciva nemmeno a immaginare di non piacere a qualcuno, un mondo dove qualcuno parlava male di lei. Sapeva di essere gradita, sperava, sapeva e si convinceva di saperlo. Sperava di convincere gli altri a sapere che lei sapeva di saperlo. E lo sapevano! Ma appena si sentiva uno sguardo addosso, percepiva un macigno sulle spalle, come se qualcosa di lei non andasse mai bene.

Forse erano i suoi vestiti di polistirolo, forse il suo fondotinta turchese, forse i suoi occhi accusatori, il suo naso aquilino, le sue orecchie aquiloni, la sua camminata storta, il suo terzo capezzolo appeso al collo, il macigno che portava sulle spalle, le spalle che portava nella borsa…

“Ma no. Ma no!” si diceva, “La gente, in fondo non è così superficiale! Non può essere tutto questo. Tutti riescono prima o poi a vedere oltre le apparenze e trovare il bello dentro.”

Purtroppo, erba gatta e latte in polvere non avevano reso il suo “dentro” molto presentabile – perlomeno, secondo il parere esperto dei medici.

Ma Daria non capiva, non sapeva come fare, cosa pensare, come pensare e cosa fare per pensare al come. Era convinta che gli strabici spostassero volontariamente le pupille in direzioni diverse quando la incontravano per strada.

«Povera Daria condizionata…» le diceva lo specchio.

tratto da “Gli Alieni non Credono a Noi” edizione imbruttita – Lupiscattoli, Delrio, (2023)



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